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Nemiche per la pelle











Fabiola (Claudia Gerini) è una donna in carriera, pragmatica, venale, amante del lusso, priva di un senso minimo di appartenenza al tessuto sociale, pronta a passare sopra chiunque, pur di raggiungere i propri obiettivi; Lucia (Margherita Buy) è una psicologa degli animali, colta, animata da uno spiccato spirito di solidarietà, sobria, disponibile alla condivisione e al dialogo. Un solo elemento accomuna due tipi antropologici così diversi: entrambe sono state sposate con Paolo, che, prima di morire, ha redatto un testamento con cui affida alle due compagne il compito di prendersi cura del piccolo Paolo Junior, nato da una relazione clandestina con una donna cinese.
L’incontro-scontro tra due personalità così antitetiche genera una fitta serie di incomprensioni e contrapposizioni, dando luogo a parecchie situazioni comiche, nate dalla frizione di due modi di affrontare la vita inconciliabili. Sarà il legame crescente con il bambino dato a loro in custodia a farle avvicinare, mettendo in luce quell’istinto materno attraverso cui poter finalmente esprimere tutta l’umanità celata fino a quel momento.
Luca Lucini (“Tre metri sopra il cielo”, “L’uomo perfetto”, “Amore, bugie e calcetto”) gira una commedia in cui vengono mostrate due Italie, una imprenditoriale e fanfarona, egoista e salottiera, l’altra progressista e impegnata, sensibile e acculturata, e la declinazione al femminile non muta l’essenza dei due mondi rappresentati. Entrambi vengono stigmatizzati, resi sotto forma di macchietta, messi alla gogna come se fossero alla stessa stregua e, dunque, rievocando il famoso motto-tormentone morettiano (quello di “Ecce Bombo”), viene proprio da dire: “Rossi, neri, tutti uguali?! Te lo meriti Albero Sordi!”.
Non si può fare di tutta l'erba un fascio, il rischio è quello di cadere in una pericolosa mancanza di distinzioni, che annichilisce ogni tentativo di sottrarsi alla diffusa deresponsabilizzazione contemporanea, troppo spesso giustificata dalla difficoltà di riuscire a interpretare un mondo sempre più complesso.
“Il tarallucci e vino” finale non è davvero sostenibile, anche se è all’interno dell’egida dell’amore filiale che si compie l’impossibile riconciliazione. Una dialettica deve rimanere operativa, pur se proiettata su un unico sfondo, quello postmoderno, in cui è in corso una rivoluzione delle modalità di adattamento a una realtà sempre più difficile da catturare e fissare all’interno di una griglia conoscitiva intellegibile.
Le due protagoniste offrono un’interpretazione appena sufficiente, con una Margherita Buy (che ha partecipato anche alla stesura del soggetto del film) che non smette di fare il verso a se stessa (la nevrotica, per intenderci), e una Claudia Gerini che le fa da contraltare in un susseguirsi di situazioni assai prevedibili, per cui la vis comica dell’insieme ne risulta fortemente indebolita.
Insomma niente di nuovo sotto il sole, eppure se proprio voleste, potreste andare a vedere questo “Nemiche per la pelle”, se non altro per aggiornarvi sull’ultima frontiera della degenerazione antropologica nazionale e radicare ancor più in voi il desiderio di sottrarvene.

La frase:
"Il ragazzino con me sta una favola: hamburger, patatine e televisore al plasma da 200 pollici".

a cura di Luca Biscontini

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