Alì
"Io sono il più grande. Sono molto cattivo!"
Il 30 ottobre del 1974 Cassius Clay alias Muhammad Alì, affrontava a Kinshasa, capitale dello Zaire, l'attuale detentore della corona dei pesi massimi George Foreman. Fu un incontro di rilevanza planetaria, giudicato leggendario dai cultori della nobile arte della boxe. Alì combatté Foreman, più giovane e più potente di lui, con le armi dell'intelligenza e dell'astuzia. Sfiancò l'avversario che come un toro continuava a caricare Alì alle corde che incassava una gragnola di colpi senza battere ciglio, finché come un navigato matador non inflisse una serie di pugni allo sfinito Foreman che crollò a terra senza più rialzarsi.
Alì aveva vinto.
Aveva vinto contro coloro che in patria non accettavano la sua diversità, aveva vinto contro coloro che lo avevano osteggiato togliendogli la cintura di campione del mondo dopo il suo rifiuto di partire per il Vietnam a combattere i Viet-Cong, aveva vinto contro coloro che gli avevano impedito di combattere. Ma soprattutto aveva vinto per il popolo degli schiavi neri di cui si professò discendente, aveva vinto per quei milioni di persone che a Kinshasa lo avevano eletto come loro rappresentate universale.
Pochi come Michael Mann riescono a caricare di tensione una scena, una sequenza di inquadrature, con la sapiente combinazione di primi piani, parole, dettagli, musiche, luce e movimenti. Il regista di "Heat" e "The insider" è un maestro nel creare emozioni forti che coinvolgono lo spettatore facendolo entrare in sintonia con la storia che si racconta. Tensione emotiva e grande carica passionale che, si nota, riesce a trasferire anche agli attori che lavorano con lui. Siamo certi che, dopo aver fatto la fortuna di Russel Crowe, chiamato da Mann ad interpretare il protagonista di "The insider", questa volta il beneficiato sarà Will Smith ("Nemico pubblico", "Men in black") autore di una prova superlativa. Il giovane attore nero abbandona quel ghigno da ragazzetto furbo regalandoci una serie di espressioni che vanno dal malinconico al divertito dall'irriverente al conciliante. Alì, campione di cazzotti, ma anche campione di parole, dotato di qualità affabulatorie che mai ti aspetteresti da un nero del Michigan. Smith rende con veemenza e scioltezza queste caratteristiche ed è un piacere ammirarlo nel confronto dialettico, a base di battute e facezie, con Howard Cosell, il telecronista della ABC (un Jon Voight in forma straordinaria). È stimolante assistere al suo rapporto con Malcolm X (Mario Van Peblees) che gli svelerà le rivelazioni dell'Islam.
Un film bello ed interessante, forse un pò troppo lungo, movimentato, parlato e molto musicato: soul, blues, jazz, funky, sono la colonna sonora di questa storia "di un personaggio reale con attorno personaggi sempre più irreali".

Das

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