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Miami BeachLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Lomuscio26 maggio 2016Voto: 6.0
Sarà vero che non bisogna mai fidanzarsi con una ragazza americana perché ti chiede subito la dichiarazione dei redditi al primo appuntamento?
Per festeggiare i loro quarant’anni di carriera cinematografica, iniziata nel 1976 tramite “Luna di miele in tre”, il regista Carlo Vanzina e l’inseparabile fratello co-sceneggiatore Enrico tornano in territorio americano, già sfruttato, tra l’altro, in “Vacanze in America” e “Sognando la California”. Territorio in cui catapultano un Ricky Memphis alla disperata ricerca della figlia diciassettenne, scappatagli in aeroporto a Roma per andare con due coetanee ad assistere a Miami al famoso concerto dei deejay più importanti del mondo. Figlia incarnata da Neva Leoni e che, spacciatasi per maggiorenne con il fine di abbordare l’immobiliarista sciupafemmine Giampaolo Morelli, tenta di ritrovare affiancato dallo studente fuoricorso e perdigiorno Emanuele Propizio. Studente a cui, in fin dei conti, finisce per fare in un certo senso da padre, testimoniando l’importanza che la tematica relativa ai rapporti tra genitori e rampolli assume nel corso dei circa ottantotto minuti di visione. Del resto, i personaggi che completano lo script sono Filippo Laganà e Camilla Tedeschi, entrambi approdati nella rinomata località balneare per frequentare l’Università del posto e figli l’uno dello “scarparo” di via del Corso Max Tortora, l’altra della insopportabilmente perfettina milanese Paola Minaccioni. Questi ultimi due in continuo conflitto tra loro già a partire dal primissimo incontro in aereo, rivelandosi tra i maggiori punti di forza dell’insieme grazie agli irresistibili battibecchi che ci consentono di accostarli a due mostri sacri della Commedia all’italiana del calibro di Alberto Sordi e Franca Valeri. Commedia all’italiana che, come è da sempre risaputo, i figli di Steno non mancano mai di omaggiare nei loro lavori, sebbene guardino stavolta in maniera evidente e dichiarata a modelli da schermo statunitensi di stampo giovanile. Modelli che vanno da “Animal house” di John Landis alla saga “American pie”, passando per “Lo spaccacuori” di Bobby e Peter Farrelly, citato nella sequenza in cui la sexy esordiente Nina Strauss emette un peto in compagnia del sopra menzionato Laganà. E non si tratta dell’unico riferimento ai due geniali autori di “Amore a prima svista”, in quanto non può fare a meno di richiamare alla memoria il loro cinema anche l’Alessio Del Mastro propenso a rimorchiare soltanto ragazze brutte per ottenere sicure serate di sesso. Una figura dal notevole potenziale comico, ma che, curiosamente, viene sfruttata poco e niente, finendo per incarnare i connotati dell’unica pecca dell’operazione. Perché, per il resto, tra chi si finge nipote dello stilista Giorgio Armani e l’entrata in scena della modella che fa la cameriera su pattini Mariela Garriga, la miscela di situazioni da ridere e tutt’altro che semplici intrecci sentimentali riesce nell’impresa di intrattenere a dovere lo spettatore. Permettendo alla cinquantottesima fatica vanziniana di manifestarsi quale giusto titolo per concludere all’insegna della leggerezza e della freschezza una calda serata estiva trascorsa fuori casa. La frase dal film:
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