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Mia madre fa l'attrice

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato23 giugno 2016Voto: 7.0
 

  • Foto dal film Mia madre fa l'attrice
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Dopo il successo ottenuto con "Noi non siamo come James Bond", il regista Mario Balsamo torna sui temi della sua autobiografia, sostituendo questa volta al tema dell'amicizia, quello dei rapporti familiari in "Mia madre fa l’attrice". Che cosa fanno un figlio cinquantaduenne e una madre ottantacinquenne (Silvana Stefanini), vittime di un rapporto irrisolto e conflittuale e con la passione del cinema in comune? Un film documentario, specialmente se lui è un regista e lei da giovane è stata un’attrice. Tutto questo avviene mentre si va alla ricerca di un film in cui la donna aveva recitato sessant’anni prima, quando era ancora giovane e dotata di un forte fascino: lì ebbe il suo ruolo più importante, che - per ragioni non chiare (si fa riferimento solo al fatto che la pellicola non l’abbia colpita molto) - non ha mai voluto vedere. Il viaggio intrapreso li porterà a ripercorrere la carriera dell’attrice (anche nel vero senso della parola), dando modo a Balsamo di ritrovare la giusta sintonia con la madre, definita da tutti fin troppo ingombrante e che spesso risulta fredda, distaccata, incapace di dimostrare il suo amore per il figlio. Questa sarà anche un’occasione per conoscersi meglio a vicenda e per comprendere nel profondo se stessi e i sentimenti che legano entrambi.

Il documentario rappresenta uno spaccato della vita reale dei due protagonisti (Balsamo e Stefanini), i quali - viaggiando tra passato e presente - riescono a rendere la storia reale agli occhi del pubblico. Non è la prima volta che sul grande schermo vengono affrontati temi legati ai rapporti familiari (come "Mia madre" di Nanni Moretti o il più recente "Mother’s Day di Garry Marshall"), che spesso sono difficili da sostenere, ma comunque colmi di un amore infinito e spesso poco dimostrato. Il regista qui mette in luce le difficoltà riscontrate e non del tutto superate nell’aprirsi con una madre che, a detta sua, in passato ha commesso diversi errori nei suoi confronti. Dall’altra parte abbiamo una donna, non più giovane, che sente il bisogno di trovare quel dialogo che i due non hanno mai avuto, nel quale anche un abbraccio può sembrare qualcosa di anomalo. Mario Balsamo, vincitore del Premio della Giuria al TFF30 con "Noi non siamo come James Bond", realizza un progetto del tutto originale, personale ed incentrato sulla madre Silvana, la quale negli anni ’50 faceva l’attrice ("La barriera della legge" di Piero Costa).

Conflitti, risate, ironia, recriminazioni e vendette sono alla base del docu-film che gioca tra realtà e finzione: se da una parte Balsamo vuole esprimere attraverso la pellicola tutto ciò che lo circonda e lo turba in modo del tutto naturale, privo di qualsiasi genere di artefatto, di manipolazione; dall’altra la madre sembra vedere nella realizzazione del progetto la possibilità di recuperare quella parte della sua vita ormai lontana, la recitazione. Nella pellicola Silvana Stefanini non riesce a essere totalmente se stessa perché presa dalla smania di dimostrare le sue capacità recitative e per questo motivo il figlio la richiama più volte. Questo stratagemma, ben congegnato e originale, rende il documentario ancora più reale, vero e intenso di quanto ci si potesse aspettare.

Nonostante la sua voglia di improvvisare (se ne vedranno delle belle), la Stefanini è stata in grado di suscitare grandi risate nell’animo dello spettatore, grazie al suo carattere forte e al suo modo di parlare così diretto da entrare nel cuore delle persone. Vi capiterà più volte di non sapere se ridere o piangere, perché vengono trattati temi molto profondi che possono riguardare la quotidianità di ogni uomo e portano il pubblico a compiere una riflessione sulla propria vita, sul rapporto che hanno con i propri genitori. Ma non solo, perché questa ambiguità è dovuta anche all’utilizzo di un'ironia graffiante, che a volte raggiunge il limite del grottesco.
A colpire, oltre la colonna sonora e l’idea di utilizzare un fondale finto, vecchio stampo, come sfondo del loro viaggio in macchina, è il cameo di Carlo Verdone, che potrete ammirare andando al cinema e dura pochi minuti. Il documentario, consigliabile a un pubblico adulto, è tutt’altro che noioso e prevedibile e potrebbe piacere anche a spettatori che non sono appassionati del genere.


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