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I Robinson - Una famiglia spaziale
Sfortunata la Disney in Italia. Almeno per quanto riguarda i titoli. Ventuno anni fa infatti la Fininvest decise di cambiare per noi italiani il nome della famiglia protagonista di una popolare sit-com americana con il comico Bill Cosby da gli "Huxtable" a i "Robinson". Ecco quindi che ora che arriva il nuovo film della casa di Topolino, non può che rischiare di creare devianti omonimie (ma chissà, forse proprio questa confusione potrebbe portare più gente al cinema).
Protagonista qui è un ragazzino che vive in un orfanotrofio aspettando che da più di dieci anni qualcuno lo adotti. La sua è una mente da piccolo Enrico Fermi, e così tra un colloquio e l'altro si diletta ad inventare nuovi strumenti. O almeno ci prova, visto che gli esiti fino ad allora non sono i più soddisfacenti. Le delusioni sono sempre più frequenti e l'idea di abbandonare qualsiasi speranza, sia in campo affettivo che "ingegneristico" si fa sempre più strada, finché uno strano ragazzino venuto dal futuro non gli chiede il suo aiuto...
Che la Disney voglia riallacciarsi alle sue origini è chiaro fin dall'inizio. Il logo dei suoi Digital Studios utilizzato per la prima volta riprende infatti il famoso, primo, cortometraggio su Topolino. Dal divorzio con la Pixar soltanto "Chicken Little" era uscito dagli studi Disney, carino senza dubbio, ma più un esperimento che un suo vero prodotto in tutti gli aspetti. E cioè non tanto visivi, visto che l'animazione tradizionale sembra per adesso messa da parte (l'ultimo film è stato il non riuscito "Mucche alla riscossa" nel 2004), quanto per tematiche. Ancora una volta dopo Dumbo, Cenerentola, Mowgli e Simba, il protagonista è un orfano. Elemento fondamentale per parlare di quella famiglia che da sempre è al centro della filmografia Disney. Ma non solo. Il film ha più livelli e chiavi di lettura. Se da una parte porta avanti il significato dell'amore familiare, inteso come luogo dove crescono gli affetti, perfettamente in linea con l'idea di famiglia "articolata" del nuovo millennio, dall'altra si concentra sull'importanza di guardare avanti, del prendere coscienza di sé, delle proprie ambizioni, della propria vita. Non abbattersi, ma guardare avanti. Così non fosse, il rischio sarebbe quello di diventare automi, persone che seguono le masse e i presunti leader che hanno fatto di queste il più grande pericolo del Novecento.
La bombetta come un dittatore che governa il cervello degli altri. Un simbolo preso dalla pittura surrealista di Magritte, che proprio sull'anonimia dell'uomo e delle figure nel loro complesso ha costruito parte della sua "filosofia" surrealista.
Discorsi forse "alti" che non tolgono spazio al divertimento. La comicità è molto dialogata, la trama tanto semplice quanto interessante nei suoi paradossi. Non sarà apprezzato al meglio dai giovanissimi, ma la forza di Walt Disney (colui che per primo guardò sempre avanti senza lasciarsi scoraggiare dagli insuccessi) è sempre stata la realizzazione di film stratificati, belli e "classici" per tutti. Bella la colonna sonora di Danny Elfman.
La frase:
- "Perché il cane porta gli occhiali?"
- "Perché la mutua non gli passa le lenti a contatto"
Andrea D'Addio
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