Maradona by Kusturica
"Se Andy Warhol fosse vivo lo metterebbe certo accanto a Marylin, Liz e Jacqueline", afferma fin dall’inizio Emir Kusturica.
Non è il primo film sul grande campione che, nel 2000, fu eletto dalla FIFA "miglior calciatore del secolo". Già Marco Risi gli ha dedicato un film "Maradona - La mano di Dio" (2007), che vedeva Marco Leonardi nel ruolo del fuoriclasse; ma anche Javier Vázquez tentò l’operazione con il docu-film "Amando a Maradona" (2005). Con Emir Kusturica siamo oltre. Qui ci troviamo di fronte ad un documentario che ha per protagonista lo stesso Dieguito, seguito passo dopo passo dal regista in una lunga intervista, ritratto tramite flashback, immagini di repertorio, il tutto accompagnato dalla colonna sonora e dalle canzoni di Manu Chao.
Ma c’è di più: qui non c’è solo Maradona ma anche Kusturica, presente fin dalla prima scena, fin troppo visibile, che interviene, parla, racconta di se stesso, va con Diego a Belgrado. Non è un caso che il titolo sia Maradona by Kusturica: la visione del regista si insinua prepotente, con un autocompiacimento a volte irritante, nel racconto dell’esistenza altalenante del calciatore. Si ha l’impressione che Kusturica non abbia avuto il coraggio dell’"invisibilità", di condurre sì le danze, ma solo dietro la macchina da presa: quasi che Diego potesse rubargli il trono. Così l’operazione di Kusturica, regista dall’Ego enorme, fa storcere il naso e insospettisce, quando si accoppia e paragona a, come lo chiama, Mr. God e quando afferma: "Qualche volta hanno detto che io sarei il Maradona del cinema", inserendo nel documentario anche spezzoni dei suoi film.
Maradona by Kusturica è trattato per tematiche, non segue nessuna cronologia, si concentra sul Maradona degli inizi, sul calcio, la fede, la politica (il suo essere fedele sostenitore della Cuba castrista; con siparietti irridenti a Bush, Reagan e Blair), la famiglia, la cocaina, l’Argentina, l’Italia (e Napoli). Con tutte le invettive e recriminazioni nei confronti di Ferlaino e Matarrese.
Diego parla come un fiume in piena che ha trovato in Kusturica l’amico pronto ad ascoltarlo e a non censurarlo: Maradona impone la sua visione del mondo, tra momenti di spiazzante umanità e sincerità, altri di esaltazione, altri ancora in cui, senza peli sulla lingua, racconta le sue versioni dei fatti. "Quasi tutti gli uomini politici sono ricchi perché rubano al popolo. Altri rappresentanti del potere, come il principe Carlo d’Inghilterra, mi fanno ribrezzo, non stringerei mai mani assassine. Uno solo sicuramente non rapina i poveri, anzi è un grande, è un santo. È Fidel Castro. Senza di lui gli yankees bivaccherebbero già in Patagonia. Quando mi assegnarono due premi contemporaneamente, in USA e a Cuba, non ebbi esitazione".
Vedere Maradona by Kusturica è come ripassarsi la storia non solo calcistica di quegli anni che lo videro protagonista assoluto, Pibe de oro, Mano de Dios, ma anche di quelli che lo videro "re degli obesi", stella caduta, perduto nella cocaina e nell’alcol. Un uomo che ha saputo rialzarsi, cadere ancora e poi di nuovo risollevarsi, una fenice eccessiva, nelle dichiarazioni, nell’enfasi. Comunque un uomo unico.

Giulia Baldacci

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