Mai stati uniti
Una volta superati i titoli di testa animati, riportanti addirittura un segnale d’indicazione stradale con scritto "Vanzina Lake", la prima che troviamo in scena è Ambra Angiolini, segretaria divorata dall’ansia e dagli attacchi di panico, pronta a rendersi protagonista di un’imbarazzante imprevisto in ascensore.
Ci si sposta all’aperto con l’ex meccanico Ricky Memphis, padre disoccupato e divorziato che, travestito da clown, racconta la storia di Piripicchio a un pubblico di bambini.
Poi, è la volta di Vincenzo Salemme, cameriere rovinato dalla passione per il gioco, impegnato in una partita a poker nel ristorante in cui svolge il suo mestiere.
Infine, abbiamo una precaria e "oca" Anna Foglietta alle prese con un colloquio di lavoro e il dipendente del Bioparco Giovanni Vernia in vena di proteste per il licenziamento.
Ognuno, a modo suo, disperato e, quindi, legato al triste panorama economico-sociale dello stivale d’inizio terzo millennio, sono i cinque individui che, inconsapevoli l’uno dell’esistenza dell’altro, scoprono di essere fratelli dal momento in cui un notaio li riunisce per comunicargli che dovranno incassare l’eredità di un padre mai conosciuto.
Eredità ottenibile spargendo le ceneri del genitore in un lago dell’Arizona e che, quindi, rappresenta il giusto pretesto per permettere a Carlo Vanzina – affiancato in fase di script dal fratello Enrico e dall’Edoardo Falcone sceneggiatore di "Nessuno mi può giudicare" (2011) – di tornare in terra statunitense, a ventotto anni da "Vacanze in America" (1984) e a venti da "Sognando la California" (1992) – se escludiamo le fugaci escursioni del dittico "A spasso nel tempo" (1996-1997).
In questo caso, però, sebbene il momento in cui Vernia si ritrova nudo fuori dalla doccia possa vagamente richiamarne alla memoria uno analogo visto nel film interpretato da Jerry Calà e Christian De Sica, l’impressione generale è quella di trovarsi dinanzi a una fusione tra le rocciose scenografie naturali della pellicola con Massimo Boldi e Nino Frassica e figure e situazioni derivate da "In questo mondo di ladri" (2004).
Man mano che, in mezzo a incontri con pericolosa fauna locale ed escursioni a Las Vegas, troviamo in scena anche un Maurizio Mattioli destinato come sempre – complice la sua consueta romanità accentuata – a strappare risate.
Come pure buona parte delle situazioni raccontate nell'ora e mezza circa di visione, tra equivoci conseguenti alla foratura di una ruota e telefonate da Ambra alla propria psicanalista; orchestrate in maniera tale da generare un incalzante ritmo volto a rappresentare il maggiore pregio di un elaborato che, magari, avrebbe potuto spingere maggiormente sulla negatività nell’epilogo.
Se lo avesse fatto, però, si sarebbe privato dell’ottimista marchio di fabbrica vanziniano che, nella maggior parte dei casi, provvede a stimolare lo spettatore alla positività nei confronti delle brutture tricolori inscenate dalla Commedia all’italiana e, di conseguenza, anche dagli attivissimi osservatori figli di Steno.
La frase:
"Voi siete tutti figli di Vanni Galvani".
a cura di Francesco Lomuscio
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