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Magic Mike XXL











Si sentono guaritori perché danno alle donne ciò che vogliono.
Non si perde tempo e le prime natiche di macho man nudo fanno la loro apparizione in piscina immediatamente all’avvio di questa continuazione del “Magic Mike” che, diretto nel 2012 dallo Steven Soderbergh qui figurante soltanto in qualità di produttore esecutivo, calò Matthew McConaughey, Alex Pettyfer e Channing Tatum nell’universo dello striptease maschile, partendo proprio da esperienze autobiografiche vissute dal terzo in giovane età.
Terzo che, sotto la regia del Gregory Jacobs finanziatore del primo film, è l’unico del trio a tornare in scena affiancato da Matt Bomer, Joe Manganiello, Kevin Nash, Adam Rodriguez e Gabriel Iglesias per intraprendere un viaggio volto ad inscenare un ultimo incandescente spettacolo a Myrtle Beach prima che il gruppetto getti la spugna.
Viaggio durante il quale consolidano vecchie amicizie e ne fanno nuove; man mano che, tra “Hot stuff” di Donna Summer inserita nella colonna sonora in aria di probabile omaggio al già classico della risata “Full monty – Squattrinati organizzati” di Peter Cattaneo e dialoghi che tirano in ballo il serial killer Ted Bundy e la boy band dei Backstreet boys, fanno la loro entrata in scena la Amber Heard di “Machete kills” nei panni di una sfuggente fotografa e la veterana Andie MacDowell in quelli di una “accaldata” mamma con tanto di combriccola di coetanee annoiate ed in cerca di nuove emozioni.
Senza contare la Elizabeth Banks di “Hunger games” e la Jada Pinkett Smith di “Matrix revolutions”, nel corso di oltre un’ora e cinquanta di visione che, pur manifestando una certa fiacchezza fin da sequenze iniziali come quella ambientata sulla spiaggia, presenta una marcia in più rispetto al ridicolmente serioso capostipite grazie all’indispensabile ricorso all’ironia (si pensi soltanto al momento in cui il succitato Manganiello improvvisa un balletto in un esercizio commerciale dinanzi alla cassiera in carne).
Peccato, però, che, tempestata di sensuali strusciamenti di corpi, banconote che volano, squallide allusioni con tanto di panna schizzante (del resto, anche l’”XXL” posto nel titolo non vuole forse essere un riferimento a invidiabili dimensioni pubiche maschili?) e grida assordanti, la caotica, insostenibilmente martellante mezz’ora conclusiva dell’insieme provveda a ricordare più di ogni altro elemento la sua banale natura di operazione-pretesto per costruire un’esile storiella attorno all’abbondanza di carne di homo eroticus esposta in maniera compiaciuta e del tutto gratuita.
Storiella totalmente priva di sorprese e popolata di personaggi sviluppati al minimo che, scritta dal Reid Carolin sceneggiatore anche della pellicola precedente, arriva quasi a rendere difficoltosa l’elaborazione di un giudizio critico nei confronti di evidente exploitation filo-gay dal sapore non poco trash, ma destinata probabilmente a rivelarsi un vero e proprio oggetto del desiderio da grande schermo agli occhi delle spettatrici e, appunto, della meno virile fetta di pubblico.

La frase:
"Mamma, sono spogliarellisti".

a cura di Francesco Lomuscio

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