Magdalene
A volte ci soffermiamo su paesi lontani, ad esempio l'Iran,e critichiamo il loro modi di vivere, ci consideriamo superiori, più evoluti e lontani anni luce da situazioni medioevali. Puntiamo l'indice, giuduchiamo e ci sentiamo meglio. Peccato che spesso non guardiamo nel nostro giardino.
Peter Mullan l'ha fatto, con "Magdalene" ha puntato i riflettori su una realta nascosta, scomoda, terribile, che stava fino a qualche anno fa (il 1996) vicino a noi nella tanto evoluta Comunità Europea.

Siamo alla fine degli anni sessanta ed in Irlanda le case "Magdalene", dedicate a Maria Maddalena, sono piuttosto diffuse. All'interno delle suore "tengono in riga" delle donne che hanno perso di vista la "luce di Dio", riportandole così sulla retta via. Intento lodevole se non fosse per il fatto che queste giovani, e spesso non più tali, vengo tenute rinchiuse, segregate lontano da qualsiasi contatto umano, con un'atmosfera simile ad un lager. La loro colpa? Aver avuto una relazione prima del matrimonio, un bambino o semplicemnete essere state troppo provocanti. Come espiarla? Dieci ore di lavoro duro (in una lavanderia) per sette giorni alla settimana, senza alcuna retribuzione, con vitto scadente, con l'obbligo del silenzio, ma con tanta preghiera!

Peter Mullan (gia' attore di "My Name Is Joe") dirige questa storia dai toni dickensiani dove tre ragazze vengono, per motivi diversi, rinchiuse in una delle case "Magdalene".
Bernardette (l'esordiente Nora-Jane Noone) è un'orfana che, secondo la sua direttrice, ha il destino dell'ammaliatrice e per questo deve essere "raddrizzata", Rose (l'irlandese Dorothy Duffy) ha invece avuto un bambino senza però avere un marito, peccato mortale, il padre decide quindi di dare in adozione il piccolo (per evitare che sia un bastardo - sostiene lui) e di seppellire la figlia nell'istituto ed infine Margaret (Anne Marie Duff / "Enigma"), che è stata violentata da un cugino, sarà anche lei destinata alla "correzione".
Le ragazze vengono spogliate di ogni identità, a cominciare dai nomi, e costrette ad una serie di soprusi fisici e psicologici che minerebbero anche la volontà più forte. Sotto la sadica e rapace guida della Sorella Bridget (Geraldine Mc Ewan / "Enrico V") percorreranno tutti gli abissi della disperazione e dello sconforto, incapaci di reagire in alcun modo, ormai plagiate dalla volontà delle suore.
Di contro l'opulenza della vita di queste dedite all'accumulo di denaro alle spalle delle loro "protette". Alla fine se deve essere fatta una scelta sarà sempre il Dio Denaro a vincere.
Risulta chiaro che l'unico modo di uscire da questa prigione di una vita senza speranza può essere solo la morte o, peggio ancora, la presa dei voti che trasformerà le ragazze nel loro peggiore incubo: le suore stesse.

Ben diretto e ben giarato, senza gli artifici di effetti particolari e con l'utilizzo della camera a mano o al limite su cavalletto, il film riesce a colpire lo spettatore lasciandolo attonito. Anche la crudezza del commento musicale ben si adatta al clima della pellicola (indimenticabile, però, la musica d'apertura del matrimonio irlandese).

Valerio Salvi

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