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L'uomo fiammifero
"Se io avessi avuto dodici anni, come avrei girato questo film?".
Per il suo primo lungometraggio, scritto insieme a Giovanni De Feo e Pietro Albino Di Pasquale, è partito da questo interrogativo il regista Marco Chiarini, che trasferisce sullo schermo proprio un suo libro illustrato.
Un lungometraggio a basso costo che prende il via martedì 7 agosto del 1982, portandoci a conoscenza dell’undicenne Simone, con le fattezze dell’esordiente Marco Leonzi, il quale, costretto a trascorrere un’intera estate a casa, nelle campagne teramane, sotto l’occhio un po’ feroce del padre cui concede anima e corpo l’immenso Francesco Pannofino, si trova ad organizzare una vera e propria evasione dall’abitazione dopo l’arrivo di Lorenza, interpretata da Greta Castagna.
Un’evasione raccontata proprio dall’onnipresente – a volte anche troppo – voce narrante del protagonista, come ogni favola che si rispetti, e che Chiarini, ricordando un po’ lo stile dei fumetti, infarcisce di didascalie ed animazioni di disegni infantili.
Disegni infantili sovrapposti alle immagini reali, tra giganti nani, gemelli a metà, maialini volanti e personaggi che parlano al contrario, tutti volti a popolare il fantastico regno che ruota attorno alla misteriosa figura dell’Uomo Fiammifero, il quale viene di notte ad accendere luci e a indicare la via.
Quindi, illuminata dalla tutt’altro che disprezzabile fotografia di Pierluigi Piredda e scandita dal veloce montaggio per mano dello stesso regista insieme a Lorenzo Loi, nient’altro che una fantasiosa allegoria su pellicola relativa al faticoso percorso della crescita, lontana dalla freddezza enfatizzata dalle avanzate tecnologie che tempestano le moderne civiltà industrializzate ed immersa nel colorato calore delle realtà rurali nostrane.
Senza dimenticare un minimo d’indispensabile ironia, dovuta soprattutto a Pannofino, per un prodotto nella media una volta tanto diverso da quelli che popolano l’odierna cinematografia italiana, continuamente alternata tra le mura dell’impegno politico-sociale e il cabaret da grande schermo, anche se probabilmente più adatto ad una fruizione festivaliera che nella comune sala.
Con evidenti influenze provenienti da autori quali David Lynch, Tim Burton e Federico Fellini, ma guardando in particolar modo alla mitologia di Pinocchio e avvicinandosi molto (involontariamente) al cinema del purtroppo poco conosciuto Flavio Moretti, autore de "Il magico Natale di Rupert".
La frase: "Qualsiasi desiderio, se vedi l’Uomo Fiammifero si avvera, ma devi essere buono".
Francesco Lomuscio
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