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Il mio amico Eric
È un disastro l’esistenza di Eric Bishop, un portalettere con due figliastri, ereditati dalla seconda moglie, che lo trattano come un cane e che sono a "rischio" malavita; una figlia, ora ragazza madre, avuta dal primo matrimonio con Lily, la donna che non ha mai smesso d’amare ma che ha abbandonato anni prima, oppresso dalle responsabilità. Anche il lavoro non va poi così bene e l’uomo trova un po’ di consolazione negli amici, con cui condivide i problemi e la passione calcistica per il Manchester United. Ma non basta: Eric non sa più che fare della sua vita sgangherata ed è sull’orlo della depressione, finché, un giorno, il manifesto del suo idolo calcistico, Eric Cantona, l’attaccante del Manchester, appeso in camera sua, prende vita e il suo eroe si materializza, dispensando consigli, proverbi e pillole di saggezza che aiuteranno Eric a prendere in mano le redini della sua vita.
Una strana coppia: Ken Loach ed Eric Cantona. Una coppia più due assi: il fido sceneggiatore Paul Laverty e il protagonista, il credibile e quasi esordiente sul grande schermo Steve Evets, cui pare fosse stata tenuta nascosta la reale partecipazione di "The King" Cantona al film. La sorpresa di Evets quando Cantona si materializza è genuina ed è una meraviglia per gli occhi.
Una voglia di sorridere e far divertire, dopo tematiche più dure, ha convinto l’impegnato Ken Loach, già vincitore di una Palma d’oro nel 2006 per "Il vento che accarezza l’erba", ad abbandonare per una volta il dramma per una sorta di favola leggera e profonda allo stesso tempo, anche se, come dichiara il saggio Loach, una commedia non è che una tragedia con un happy end. Di Loach e della sua passione per il calcio e la sana tifoseria, ricordiamo l’episodio nel film Tickets (2005), che conteneva già gli elementi pieni di delicatezza e sentimento che ritroviamo in questo piccolo gioiello: solidarietà e passione, le chiavi per rendere meno oneroso il nostro vivere.
Ken Loach non dimentica il sociale: siamo pur sempre nell’ambiente di una working class, con problemi che, senza soldi, paiono insormontabili, in uno squallore in cui l’orizzonte è sempre lo stesso, giorno dopo giorno. Loach si concentra però su una storia privata, su un individuo che fa tenerezza tanto è sfortunato e gli viene incontro con un espediente quale è quello che si può trovare in una fiaba, l’apparizione dell’eroe.
Cantona dà al film una marcia in più, sfruttando le sue naturali doti autoironiche, il suo (apparente) prendersi alla leggera. E così propina a Eric tutta una serie di proverbi che magari non significano nulla ma che lo spronano. Battute che, come dichiara alla stampa Cantona, provengono anche dalla squalifica che colpì il calciatore per nove mesi: allora, in conferenza stampa, disse solo: "Quando i gabbiani seguono un peschereccio, pensano che delle sardine finiranno in mare". E spiega: "Erano parole senza senso, per mostrare che quella storia non era molto grave, sebbene potesse spezzarmi carriera e vita. Per non farmi divorare dalla situazione, l’ho presa sul ridere".
Looking for Eric è un film che diverte e fa ridere senza superficialità, che invita a prendere in mano i fili della propria esistenza con sano umorismo, perché, prima di "cercare Eric", è fondamentale "cercare se stessi".
La frase: "Io non sono un uomo, sono Eric Cantona".
Donata Ferrario
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