Look Both Ways
Un treno che deraglia provocando una strage, un fotografo malato di cancro, una donna che ha perso il padre da poco, il disagio di una vita buttata, la difficoltà di accettare la realtà che ti circonda: grandi e piccoli drammi costellano questo interessante film che dopo quattro anni dalla sua realizzazione arriva anche in Italia, finalmente. Ed è un peccato perché il primo lungometraggio di Sara Watt, cineasta australiana, già realizzatrice di corti nonché provetta illustratrice, è uno di quei film che, nonostante inevitabili stonature da "prima volta", ti lascia qualcosa dentro fornendo spunti di riflessione per i quali, non si capisce perché, in Italia abbiamo dovuto aspettare 4 anni. Ma tant’è, meglio tardi che mai.
Tante storie, quelle raccontate in "Look Both Ways", vicende che si intrecciano tra di loro tutte accomunate da un comune denominatore, il tema della morte. Sia essa una tragedia nazionale o un dolore privato o qualcosa che giorno dopo giorno ti consuma, il rapportarsi con essa e il convivere o il confliggere può portare a soluzioni diverse, anche inimmaginabili. E’ questo il leit-motiv di "Look Both Ways" che la Watt gira con uno stile che punta all’essenziale ma sempre attento alla deriva psicologica alla quale tutti i personaggi, con differenti esiti, si abbandonano. Film, dunque, dalle tematiche forti e dallo stampo autoriale, che la regista, per l’appunto, personalizza pescando dalla sua esperienza di disegnatrice inframmezzando la narrazione con animazioni che tendono ad enfatizzare, ma anche ad esplicare, momenti e sequenze più significative. Lo stile della regista, al quale gli interpreti si adeguano con bravura, è quindi, come detto, essenziale, tipico da cinema minimalista, ma nonostante ciò la visione rimane godibile fino all’ultimo senza soverchie cadute di ritmo. Questo grazie anche a un montaggio ben organizzato che riesce a sovrapporre fondendo le diverse storie, tale da realizzare un unicum narrativo al quale, l’innato ottimismo che scaturisce alla fine fa da significativo collante emotivo tanto che i toni della commedia spesso sembrano contrastare con la gravità di ciò che si racconta.
Insomma, un piccolo film da cinefili che alla spiaggia, per un pomeriggio, preferiscono la sala cinematografica (magari con l’aria condizionata).
La frase: "Chiunque perda qualcuno merita una foto sul giornale".
Daniele Sesti
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