L'isola di ferro
Presentato al Festival di Cannes nel 2005, all'interno della Quinzaine des Réalisateurs, "L'isola di ferro" è il secondo lungometraggio del regista iraniano Mohammad Rasoulof.
L'isola del titolo è una vecchia petroliera abbandonata nel Golfo Persico, qui si stabiliscono in modo permanente numerose famiglie che non hanno una casa, nè mezzi di sussistenza propri. A capo di questa comunità il capitano Nemat, un leader forte e carismatico, che coordina tutte le attività della nave e delle persone che la abitano. Un padre/padrone, che impone il suo controllo sulle loro vite; niente giornali, niente televisione e il pugno di ferro contro coloro che non voglio assoggettarsi alle regole della comunità. La routine del piccolo gruppo viene stravolta dalla notizia che il cargo rischia di colare a picco. Sarà Nemat a decidere per la sorte di tutti.
Solo due personaggi si ribellano: il figlio adottivo, che per amore infrange le regole e un bambino, simbolo della speranza nelle future generazioni.

Benché la storia sia fortemente metaforica, la vita sulla nave viene mostrata in modo molto realistico, con una regia lineare e minimale, dove lo spettatore non si identifica con nessuno dei personaggi, ma segue lo sguardo neutro della camera, perché Mohammad Rasoulof non vuole convincerci, né commuoverci, ma mostrare l'assurdità con cui spesso ci troviamo a convivere. Ciò non significa che non ci si emozioni, anzi alcune sequenze sono molto toccanti e poetiche: come lo scambio di doni tra il figlio adottivo del comandante e la ragazza di cui è innamorato, imprigionata dal padre.
Anche se tratto da una pièce teatrale, scritta dallo stesso regista quasi dieci anni fa, il film non soffre dell'immobilismo che caratterizza certe trasposizioni, né ha il ritmo mortifero di un certo cinema iraniano. Certo non è un film per tutti.

La curiosità: Una curiosità: il giovane innamorato viene portato esangue in un mausoleo e gli viene legata una sciarpa intorno al collo. Nella sequenza successiva la sciarpa non c'è più. Non è un errore del regista, una tradizione vuole che quando si esprime un desiderio si annodi una sciarpa, quando il nodo della sciarpa si scioglie il desiderio è stato esaudito.

La frase: "Se lo perdono sarà il caos sulla nave"

Elisa Giulidori

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