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La sicurezza degli oggetti
Alla periferia di una città americana, quattro famiglie, vicine di casa, vivono la loro vita fatta di tragedie e quotidianità. Per vari motivi, però i loro destini si intrecciano, si mescolano, si confondono. Ognuno dovrà prima o poi riferirsi all'altro. Dramma tipicamente americano, ricco di nevrosi, conflitti generazionali, gravi problemi, rapimenti, divorzi. Troppo incentrato su sé stesso, troppo introverso per poter decollare. Il film è un'accozzaglia di esperienze, di vite, di conflitti. A volte non si capisce se il suo fine sia quello di raccontare uno spaccato di vita quotidiana (sinceramente troppo crudele per risultare vera) o se sia quello di fare bella mostra degli attori che vi prendono parte. Estremamente pessimista, il leit motiv di tutta la pellicola è: c'è una certa sicurezza nel sapere che il peggio è già accaduto. Troviamo uomini codardi, bambini perversi, cinquantenni ninfomani, vite familiari squallide, ragazze ciniche. Forzatamente triste, risulta il più delle volte contorto, dispersivo, esageratamente tragico. Tutti hanno delle massime da elargire, il sesso è un punto fisso, per grandi e piccini (uno dei bambini è innamorato della bambola della sorella, e sogna continuamente di fare l'amore con lei, la tocca, la spoglia, ci va a letto insieme, la sente perfino ansimare!). Ogni personaggio ha un oggetto a cui, coscientemente o meno, si lega: c'è chi si aggrappa ad un guantone da baseball, chi ad un fuoristrada, chi è dipendente da una macchina per poter vivere, chi si avvinghia ad una birra, chi ad un telefono, chi ad un figlio. Solo quando impareranno a farne a meno saranno pronti per affrontare la vita. Ecco dunque l'ennesimo drammone ricco di lezioni di vita: basta! Non se ne può più!!! Almeno se proprio questi americani piccolo borghesi hanno intenzione di insegnarci qualcosa, lo facciano usando modi più divertenti, argomentazioni meno noiose, situazioni più attuali. In fondo, si può insegnare il rispetto per la vita anche e soprattutto ridendo, non è mica detto che chi piange impara di più e meglio degli altri! Detto questo...buona visione.
Teresa Lavanga
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