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La regina degli scacchi
Siamo come pedine in un gioco che non è neanche più gioco. Questo sembra voler dire Claudia Florio con il suo nuovo film "La regina degli scacchi".
Ambientato in un'Ancona che sembra una città del Nord Europa tanto è piovosa e fredda, il film viaggia sul filo del dramma psicologico e del thriller. È la storia di una ragazza (Maria Adele) interpretata da una brava Barbora Bobulova, apparentemente disadattata, il cui unico scopo nella vita è giocare a scacchi. Il mondo circostante, per lei, è come non esistesse, si potrebbe dire prigioniera di una scacchiera. Poi ad un certo punto una rivelazione: attraverso una vecchia lettera viene a sapere di essere stata adottata, e da allora comincia a rapportarsi con il mondo esterno.
La vita sembra decidere per noi. Siamo pezzi di una scacchiera, forse semplicemente dei pedoni. Qui sembra che tutti i personaggi si trovino a vivere un destino che non hanno deciso mai. Anzi sembra addirittura ne siano inconsapevoli. Non hanno neanche il conforto del ricordo perché questo è più angosciante del presente.
Molto bella l'ambientazione, bella la musica, composta dal premio Oscar Luis Bacalov, bravi gli attori (in una piccola partecipazione c'è Felice Andreasi che è dai tempi del Derby cabaret di Milano che è straordinario) ma è come se mancasse qualcosa. Nel film sembra che tutto inizi improvvisamente e finisca altrettanto improvvisamente. Non c'è tempo per delineare i caratteri. Il personaggio del giornalista, improvvisato Maigret, è uno dei meno convincenti: sembra risolva i casi con una facilità innaturale, tant'è che il maestro di scacchi di Maria Adele (un bravissimo Toni Bertorelli), una volta scoperto non oppone la minima resistenza. Anche i personaggi del padre adottivo e della madre agiscono con un'apatia che sembra non avere ragione, nell'economia del film. Per non parlare della "macchietta" della cameriera che parla con i polli nel forno. Inoltre non ho capito come possa una ragazza di 17 anni, abituata a convivere con schemi logici (il gioco degli scacchi), avere inizialmente dei dubbi sulla sua adozione avendo letto una lettera di 15 anni prima: la soluzione non lascia adito a dubbi visto che lei aveva già 2 anni!
Mi è sembrato che non si sia riuscito a far sentire il dolore che, naturalmente, dovrebbe scaturire da un intreccio di storie così agghiaccianti (la pedofilia, la mancanza di appartenenza, l'amore paterno tradito) peraltro tratte da un racconto accaduto veramente.
Non voglio dire che "La regina degli scacchi" è un brutto film (perché fondamentalmente non lo è), ma può lasciare l'amaro in bocca per il mancato approfondimento delle sensazioni, creando una freddezza un pò ingiustificata. Parafrasando si potrebbe dire: scacco alla regina.
Renato Massaccesi
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