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L'arco
Con "L'arco" il regista coreano Kim Ki-duk conferma di essere uno dei pochi registi viventi capace di trasformare la poesia in un'immagine cinematografica. In lui sembra nascere prima la forma e solo dopo la storia in essa contenuta. Si coglie, questo privilegio dell'espressione sulla sostanza, nell'incedere dei colori e della musica, a sostituire il pesante fardello di una battuta o di una parola , fonte primaria di falsità; nella abilità di rappresentare il mondo nel silenzioso sorriso di un personaggio; nelle poche parole sussurrate in un orecchio per divinare il futuro; nella inventiva di un finale fantasmagorico quanto simbolico.
I suoi personaggi si sublimano nell'assenza, nell'estraniarsi quanto più possibile dalle cure terrene. E' l'isolamento del barcone in mezzo all'oceano dove il vecchio tiene dolcemente reclusa la ragazza, raccolta bambina dalla strada molti anni prima. Un amore disperato il suo che vorrebbe coronare con un matrimonio tradizionale quanto agognato. Le compra vestiti e monili eleganti in vista delle prossime nozze da celebrarsi - in perfetta regola - al raggiungimento della giusta età della ragazza. Il vecchio suona l'arco che brandisce invece come arma quando deve difendere la ragazza dalle insidie degli uomini che salgono sulla sua barca per delle battute di pesca. Ma nulla può contro la più lusinghiera delle insidie, quella del primo amore.
Tecnicamente un film difficilissimo da realizzare, interamente girato su un barcone di pochi metri quadrati, Kim Ki-duk lo rende possibile con grande naturalezza e semplicità. Scandito da primi piani e da inquadrature nelle quali scorrono i personaggi a sublimare una messinscena accuratissima, l'opera non cede mai all'eccessivo estetismo mantenendo un equilibrato rigore espressivo nonostante l'intrinseca poeticità di cui è sapientemente imbevuta.
Gli attori si muovono quasi sedotti dal contesto in cui vengono posti di riti ai quali prendono parte come se da sempre li avessero compiuti. E, in questo senso, appare mirabile e delicatissima la scena del quotidiano bagno della ragazza e mirabilie e violentissima la scena del tiro dell'arco verso la ragazza che ondeggia su un'altalena sospesa sulle acque.
Il finale è di quelli che lasciano senza fiato, anche lo spettatore più insensibile.
Daniele Sesti
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