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L'altra faccia del diavolo











Prima di tutto apprendiamo che il film che stiamo vedendo non è stato approvato dal Vaticano, oltre al fatto che quest’ultimo non ha collaborato alla sua realizzazione, poi ascoltiamo una conversazione telefonica risalente al 30 Ottobre 1989 tra un operatore telefonico e tale Maria Rossi alias Suzan Crowley, la quale dichiara di aver ucciso tre persone.

Tre ecclesiastici, per la precisione, di cui vengono mostrati i cadaveri barbaramente massacrati prima ancora di farci vedere in scena la giovane Isabella che, figlia della donna, interpretata dalla brasiliana Fernanda Andrade decide vent’anni dopo di approdare a Roma, con cameraman al seguito, al fine di realizzare un documentario sugli esorcismi e scoprire se la madre, rinchiusa nell’ospedale psichiatrico cattolico Centrino, sia mentalmente instabile o posseduta da una forza demoniaca.
Perché, mentre la ragazza prosegue il suo viaggio affiancata dai sacerdoti Ben Rawlings e David Keane, i quali, rispettivamente con i volti di Simon Quarterman ed Evan Helmuth, attuano la pratica con l’ausilio di strumenti tecnico-medici, risulta immediatamente chiaro che l’intento del regista William Brent Bell – già responsabile del teen-horror "Stay alive", co-sceneggiato dallo stesso Matthew Peterman anche qui suo compagno di script – sia quello di dare allo spettatore un exorcism-movie di taglio realistico, un po’ come già fece due anni prima Daniel Stamm tramite il suo "L’ultimo esorcismo".
Quindi, tra macchina da presa quasi sempre in movimento e interviste a personaggi inventati, siamo dinanzi all’ennesimo mockumentary di paura che si riallaccia alla tradizione lanciata a partire da fine anni Novanta dal fenomeno su celluloide "The Blair witch project - Il mistero della strega di Blair" di Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez e recentemente rispolverata dalla saga "Paranormal activity".
Ma, con un esorcismo posto verso la fine del primo tempo e quello di Maria Rossi che giunge subito dopo l’inizio del secondo, si procede stancamente in mezzo a consueti spasmi e sagra delle diavolerie già viste, man mano che piccoli momenti shock vengono distribuiti soprattutto con l’avvicinarsi del banalissimo epilogo.
Senza contare il fatto che non sono assenti situazioni che sembrano già pronte per finire all’interno di un nuovo ipotetico capitolo della serie demenziale "Scary movie"; mentre è il caso di ribadire che il genere necessiti di rinnovarsi non ricorrendo più alla strada del finto documentario, perché ricordiamo che questa tipologia di pellicole finisce spesso soltanto per annoiare, mentre "L’esorcista" di William Friedkin, da quel lontano 1973, continua ancora ad inquietare e spaventare il pubblico.

La frase:
"Se è una possessione allora per prima cosa dobbiamo scartare le malattie mentali".

a cura di Francesco Lomuscio

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