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La legge della notteLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Pozzo28 febbraio 2017Voto: 4.5
Sembrava che fosse finalmente riuscito a riscattarsi, Ben Affleck, e invece, duole dirlo, qualcosa è andato storto. Premessa necessaria: Affleck, reduce dalla relazione con JLo, ‘Gigli’ e uno stuolo di fiaschi e cadute rovinose, è uno di quei pochi che nel corso degli anni è riuscito realmente a risorgere, una di quelle persone che nella vita come sul grande schermo meriterebbero stima a prescindere, soprattutto quando provi di riuscire a reinventarti con opere di spessore come la bella trasposizione del ‘Gone, Baby, Gone’ di Dennis Lehane, dimostrando di saper girare come Dio comanda e di conoscere il Cinema in una certa maniera, oltreché di poterti ormai permettere il lusso di scegliere i tuoi progetti con una certa attenzione.
Pareva insomma che nessuno potesse fermarlo, Ben, con quei due eccellenti film da regista che confermarono anche ai più scettici le sue grandi doti dietro la macchina da presa con vette toccate dal magnifico ‘The Town’ al quale seguì il buon ‘Argo’ che gli fruttò il meritato Oscar e il riconoscimento che tanto cercava... Poi però arrivò la poco saggia scelta di firmare il contratto per il nefasto universo DC (tacendo sull'obbrobrio irricevibile ‘The Accountant’), ed è stato proprio questa mossa, forse, a segnarne la fine. E sbagliava di grosso, chi confidava sicuro in questo suo nuovo sforzo registico, perché di rado s'è visto un polpettone così insignificante, piatto e maledettamente soporifero, cartolina sbiadita costruita su stereotipi e frasi fatte che ha sacrosantamente tonfato al botteghino e che fa quasi rimpiangere, dinnanzi a tanta mancanza di personalità, la fiera cafonaggine del ‘Batman v Superman’ dell’ormai sodale di Affleck Zack Snyder. Perché ‘Live by Night’ (il cui titolo italiano riporta alla mente il capolavoro di ben altro spessore ‘La notte senza legge’ di Andrè De Toth), si conferma a tutti gli effetti il gemello serioso del già brutto e sbagliatissimo ‘Gangster Squad’, svergognata e imbarazzante fiera del cliché e minestrone di aforismi da due soldi affollato da cartonati leccati, stirati e impomatati che procedono a spiegoni muovendosi robotici e disorientati fra una location esotica e l'altra capitanati dall’abulico e monolitico Affleck dallo sguardo sempre fisso e sempre uguale, conquistando di diritto e senza obiezioni della giuria l’ambito premio di gangster meno carismatico e convincente della storia del Cinema, un uomo che vaga senza meta e senza ragion d’essere snocciolando trite banalità in un film senza carne, senza sangue e senza cuore. Un film, in poche parole, senza vita. E poco può la meravigliosa e scintillante fotografia di Robert Richardson per animare questa goffa e rancida epopea gangster wannabe che dimostra ad ogni singola sequenza di non avere la benché minima idea di dove andare a parare, e che nemmeno l’intervento di Dio in persona, sarebbe in grado di redimere, un’opera nella quale ogni lievissimo sussulto, ogni minima emozione e ogni piccolo accenno di Cinema che sembra spuntare timidamente qua e là nel mezzo di un tramonto o all’interno di una tavola calda viene puntualmente risucchiato e spazzato via da un devastante vortice di noia e piattezza senza senso e senza fine, unico vero tratto distintivo di questa patacca colossale che avrebbe forse fatto meglio a non vedere mai la luce. Siamo dunque punto e a capo, e l’unica cosa che possiamo fare è sperare che possa finalmente ritrovare la sua strada, il buon Affleck, perché non parliamo semplicemente di un grande e prezioso regista, ma anche di un attore che se diretto bene sa regalare prove memorabili. Possiamo augurarci insomma che fra un filmaccio e un progetto inutile il nostro possa incontrare sulla sua strada un altro ‘Gone Girl’ ma soprattutto un altro David Fincher, uno che ha capito molto bene come dirigerlo e che ne ha tirato fuori la performance della vita, quella che resterà per sempre, perché quel Nick Dunne, che ci piaccia o meno, al vero Affleck forse un po’ ci assomiglia. E comunque, quando nemmeno una creatura meravigliosa e celestiale come Elle Fanning riesce a risollevare o quantomeno a rendere più sopportabile un film nato morto, uno due domande farebbe bene a porsele. La frase dal film:
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