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L'agenzia dei bugiardi

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Francesco Lomuscio14 gennaio 2019Voto: 5.5
 

  • Foto dal film L'agenzia dei bugiardi
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Tolgono alle vittime il dolore inutile della verità. Sono il seducente Fred alias Giampaolo Morelli, l’esperto di tecnologia Diego, dalle fattezze del macciocapatondiano Herbert Ballerina (all’anagrafe Luigi Luciano), e il nuovo arrivato apprendista Paolo, incarnato da Paolo Ruffini, ovvero i tre componenti della diabolica agenzia del titolo, mirata a fornire alibi ai propri clienti.

Se l’idea vi ricorda qualcosa di già sentito, il motivo è presto spiegato: il settimo lungometraggio cinematografico diretto da Volfango De Biasi – autore, tra l’altro, della commedia romantica “Come tu mi vuoi” e del cinepanettone “Un Natale stupefacente” – altro non è che il rifacimento made in Italy di “Alibi.com”, firmato nel 2017 dal francese Philippe Lacheau.
Il Philippe Lacheau che ne era anche protagonista e che finiva per trovarsi in una situazione piuttosto complicata proprio come, appunto, accade in questo caso a Fred, il quale si innamora della paladina della sincerità Clio, interpretata da Alessandra Mastronardi; senza immaginare che sia la figlia del fedifrago Alberto cui concede anima e corpo Massimo Ghini, rivoltosi al lui per nascondere alla moglie Irene una scappatella con la giovane Cinzia, aspirante cantante mediocre dal volto di Diana Del Bufalo e in cerca di un posto nel mondo dello spettacolo.
La Irene nei cui panni abbiamo Carla Signoris e che, per uno scherzo del destino, si ritrova in vacanza insieme alla figlia nello stesso posto in cui sono il marito e la propria amante, segnando l’inizio di una frenetica corsa contro il tempo che non può fare a meno di tenere altamente occupati Fred e compagni di lavoro nell’intento di non consentire alla realtà dei fatti di venire allo scoperto.

E, su script dello stesso De Biasi affiancato dal Fabio Bonifacci sceneggiatore, tra gli altri, di “Benvenuti al nord” e “Metti la nonna in freezer”, non mancano evidenti frecciatine a giornalisti, politici e monsignori; man mano che si apprende che si perdona in proporzione a quanto si ama e che, quando si hanno sia una moglie che un’amante, non bisogna mai mentire a entrambi.
Ma, al di là di un esilarante apparizione per la rock star Piero Pelù, pronto a sfoderare “Solo l’amore immaginato è quello vero”, vengono bene o male riproposti intreccio, situazioni e dialoghi del film originale, dai demenziali sbatacchiamenti proto-“Tutti pazzi per Mary” del cagnolino di Clio al momento della festa in maschera con travestimenti da supereroi.

Film originale già non esaltante di suo per quanto riguardava la tipologia di gag e il coinvolgimento narrativo in neppure novanta minuti di visione e del quale, inevitabilmente, “L’agenzia dei bugiardi” ricalca proprio tutti i difetti, portando addirittura la durata ad oltre un’ora e quaranta.
Quindi, le occasioni efficaci nello strappare risate si riducono davvero a pochissime e, mentre si apprende che la bugia rovina l’amore, si avanza verso la conclusione senza riuscire nell’impresa di evitare di trasmettere allo spettatore una certa sensazione di noia.


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