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Per sfortuna che ci sei











Fin dall’antichità l’uomo ha creduto in forze invisibili capaci di modificare in maniera positiva o negativa la sua vita e così sono nati gli dei, a volte pacifici e a volte iracondi, ma fra tutti Tiche, dea appartenente al pantheon greco-romano, era la dea dispensatrice di fortuna o sfortuna. La convinzione che esista la fortuna, così come la iella nera, è continuata attraverso i secoli costituendo veri e propri precetti. Insomma la superstizione domina ancora oggi la vita di molte persone, che ogni giorno si dedicano a diversi gesti scaramantici come baciare il corno o il ferro di cavallo, gettare il sale dietro le spalle e via discorrendo. Il regista Nicholas Cuche prende spunto da questa idea e realizza una frizzante, briosa e fresca commedia sentimentale, che riesce a far ridere il pubblico amalgamando bene i diversi elementi che la compongono. Dopo otto anni dal primo lungometraggio "Jojo La Frite" e una lunga gavetta alla tv, il regista torna alla ribalta con "Per sfortuna che ci sei", un’opera spumeggiante, ironica e originale, mai volgare e classicamente francese, anche se vi sono situazioni ed elementi che ricordano molto lo stile delle commedie americane. A farla da padrone però sono soprattutto le battute equivoche e i doppi sensi, insomma Cuche riprende gli stilemi tipici della comedie françeaise e li mescola con quelli più moderni d’oltreoceano, realizzando un’opera senza grandi pretese, ma in grado di affascinare il pubblico e farlo divertire, grazie alla presenza di diversi personaggi un po’ macchiettistici, tanto da aggiudicarsi la 10° edizione del Monte-Carlo Film Festival de la Comédie. Il cast è composto da attori semi sconosciuti in Italia, come François-Xavier Demaison e Virginie Efira, cui si affiancano Raphaël Personnaz, nel ruolo del figlio di papà, Elie Semoun è il megalomane designer, Thomas N’Gijol nel ruolo del medico compagno di sventure di Julien, Armelle Deutsch è invece l’amica frustrata della protagonista, Yves Jacques è un magnate automobilistico. La recitazione è ottima, solo in alcuni passaggi sembra perdere colpi, l’impianto narrativo è ben costruito ed è caratterizzato dalla voce del protagonista Julien, affermato consulente matrimoniale, che racconta le sue vicissitudini e riflette sulla sua situazione personale e affettiva. Julien, infatti, nonostante sia molto bravo ad aiutare le coppie in crisi, non riesce a portare avanti una relazione, perché sembra "portare iella" a qualsiasi donna cui sia interessato. "Lo so che sembra assurdo, ma per tutte le donne sono come il gatto nero, lo specchio rotto, venerdì 17" (cit. dal film). La fidanzatina a 10 anni è colpita in barca dalla boma, mentre a 15 anni la ragazza di turno si ustiona il fondoschiena dopo aver azionato inavvertitamente il fornello da cucina. Le donne di cui è innamorato sono costantemente colpite da avvenimenti assurdi, quanto pericolosi, e quando conosce Joanna vorrebbe lasciarla andare e perderla di vista, ma una serie di situazioni li lega sentimentalmente l’uno all’altro, dando vita a tutta una serie di "sfortunati eventi". Con garbo ed ironia Cuche racconta una storia d’amore non banale, il cui impianto si basa su luoghi comuni e su un canovaccio trito e ritrito: lei si innamora sempre dell’uomo sbagliato, però in questo caso c’è un elemento in più: la sfortuna/la fortuna.

La frase:
"A volte anche la iella porta fortuna".

a cura di Federica Di Bartolo

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