Là-bas - Educazione criminale
"Là-bas" in francese è poco più di un intercalare, significa "laggiù", ma gli africani lo usano anche quando parlano dell’Europa, dove sono andati, in cerca di fortuna o per disperazione, i loro cari e amici.
Questo per spiegare il titolo dell’opera prima del napoletano classe 1975 Guido Lombardi, proveniente da backstage e documentari, dedicata agli innocenti immigrati africani che il 18 Settembre del 2008 vennero uccisi in una sartoria di Castel Volturno da un comando di camorristi (il film, però, è stato scritto due anni prima della tragedia).
Infatti, è proprio in questo comune sito a circa trenta chilometri dal capoluogo campano che seguiamo la vicenda del giovane Yssouf alias Kader Alassane, approdato in Italia soltanto per scoprire che il luogo comune secondo cui vi si trovi facilmente lavoro altro non è che una bugia detta alle persone provenienti dal suo stesso continente.
Una bugia che lo porta a passare dall’arrangiarsi a vendere i fazzoletti al semaforo al guadagno più facile, trasformandosi nel cinico gestore di un giro milionario di cocaina su incoraggiamento dello zio Moses, interpretato da Moussa Mone.
Quindi, man mano che assistiamo ai contrasti in casa con i connazionali e apprendiamo che la galera è l’unico posto abitato dagli africani ricchi, sembra essere una sorta di "Gomorra" (2008) caratterizzato da un punto di vista nigeriano quello che, tra prostituzione e clandestini, prende progressivamente forma.
Del resto, proprio come nella pluriosannata pellicola di Matteo Garrone, è attraverso uno stile realistico, quasi da documentario che Lombardi racconta quella che, in fin dei conti, è soltanto una storia di finzione; il romanzo criminale di un ragazzo dei nostri tempi, intrapreso e vissuto per il solo gusto della sopravvivenza.
Il romanzo criminale che, efficacemente sostenuto dal cast, quasi tutto costituito da non professionisti, risulta anche più interessante e coinvolgente di quello messo in piedi dall’autore de "L’imbalsamatore" (2002).
Con l’unica pecca di eccedere in lentezza narrativa, rischiando di far apparire tirati un po’ troppo per le lunghe i circa 100 minuti di visione.
La frase:
- "Non mi avevi detto che era così pericoloso"
- "Pericoloso? E’ la povertà che è pericolosa".
a cura di Francesco Lomuscio
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