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Kung Fu Panda 2











Esattamente tre anni fa un giovane panda sognatore di nome Po aveva avuto la possibilità di realizzare il suo più grande desiderio, entrando a far parte del gruppo dei famosi maestri delle arti marziali: i Cinque Cicloni, trasformandosi, dopo duri allenamenti, nel leggendario Guerriero Dragone. Ora, una nuova minaccia assale la Cina, ma per battere il nemico stavolta Po dovrà prima fare i conti con il proprio passato, con se stesso e trovare la pace interiore che sembra non aver ancora raggiunto. Il mistero intorno a lui si infittisce a causa di vaghi ricordi che affiorano nella mente dell’eroe, come può il tenero maestro di spaghetti Ping, chiaramente un’oca, essere suo padre? Il padre di un Panda?
Azione e sentimento, magia e meditazione si mescolano insieme, dando vita ad un’opera visivamente più raffinata della precedente, dove all’ironia e alle gags un po’ lente si mescola il ritmo veloce delle coreografie spettacolari, che attingono direttamente dal repertorio di Jackie Chan. E’ un insieme di evoluzioni e di cambiamenti che si alternano con momenti di riflessione e di introspezione in un crescendo continuo, che condurrà per mano lo spettatore alla conclusione finale e alla risoluzione di tutto.
Questo nuovo capitolo si apre con un prologo bidimensionale, in omaggio al teatro di giochi di ombre delle marionette cinesi, che racconta la genesi della nuova minaccia costituita da Shen, figlio degli imperatori della Cina, talmente assetato di sangue e di potere da ordinare addirittura lo sterminio di tutti i panda, poiché una profezia indica che sarà proprio un panda a batterlo. Sconvolti dalla malvagità del loro figliolo, gli imperatori lo cacciano da Palazzo e lo bandiscono dal regno. Furente e convinto di aver impedito l’avverarsi della profezia, Shen cerca la rivincita costituendo un’armata invincibile che utilizza una nuova arma: il cannone. Fra spari di cannoni, fuochi d’artificio e colpi di arti marziali si sviluppa questa nuova emozionante e commovente avventura del giovane eroe bianco e nero, che sembra occhieggiare le tragedie greche e in qualche modo anche William Shakespeare. L’idea centrale del film, scritto da Jonathan Aibel e Glenn Berger e diretto da Jennifer Yuh, è quella di mescolare oriente e occidente, rappresentati dalle arti marziali e dalla psicologia. La struttura narrativa è la stessa del precedente film, ma stavolta oltre la lotta fisica c’è anche quella "spirituale", per conoscere se stesso e superare il dramma infantile prendendo coscienza di sé, con una conseguente crescita spirituale.
Il livello di animazione è eccezionale, spesso viene usata la tecnica del "ralenti" per sottolineare qualche battuta o gag, forse si ride di meno a favore però della spettacolarità degli scenari e di un contatto empatico con il pubblico. L’utilizzo del 3D non colpisce particolarmente, anche se non dispiace, sebbene sembri appiattire le coreografie e le acrobazie dei combattimenti. E’ un sequel dotato di una propria personalità e originalità, con variazioni non certo banali che aiutano a conoscere meglio l’eroe.

La frase:
"Per rendere una cosa speciale devi solo credere che sia speciale.".

a cura di Federica Di Bartolo

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