John Carter
Il punto di partenza è "La principessa di Marte" di Edgar Rice Burroughs, pubblicato nel 1912, primo romanzo del ciclo Barsoom relativo alle avventure di John Carter, trasformatosi nel corso degli anni nell’emblema eroico della cultura pop in tutte le sue forme.
Capitano dell’esercito stanco della guerra e inspiegabilmente trasportato sul pianeta tutt’altro che morto come si dice, possiede sul grande schermo le fattezze del Taylor Kitsch di "X-Men - Le origini: Wolverine" (2009), che si ritrova coinvolto in un conflitto di proporzioni epiche tra l’affascinante principessa Dejah Thoris alias Lynn Collins e gli abitanti del posto; dei quali fa parte Tars Tarkas, interpretato dal grande Willem Dafoe sotto un "trucco digitale" che gli fornisce anche quattro braccia.
Perché, come c’era da aspettarsi, sebbene i paesaggi d’ambientazione della pellicola siano quasi tutti naturali, non sono certo assenti massicci ritocchi in computer grafica nel corso delle oltre due ore e dieci di visione, la cui estetica generale ricorda non poco quella dei vari "Star wars", sia per quanto riguarda i polverosi scenari che le creature presenti all’interno di essi.
Per non parlare del fatto che, mentre la vicenda si popola di volti più o meno noti della celluloide d’inizio terzo millennio, dal Thomas Haden Church di "Sideways - In viaggio con Jack" (2004) al Daryl Sabara della serie "Spy kids", coinvolto addirittura nei panni di un giovane Edgar Rice Burroughs, il look del protagonista non sembra discostarsi poi molto da quello del Jake Gyllenhaal di "Prince of Persia: Le sabbie del tempo" (2010).
Certo, bisogna precisare che l’opera letteraria da cui il film prende le mosse rientra tra quelle che maggiormente hanno influenzato l’immaginario cinematografico – a partire da George Lucas e compagni – ad essa succedutosi; proprio per questo, però, ci si aspettava una trasposizione su pellicola che fosse originale e innovativa nella rappresentazione.
Il regista Andrew Stanton, invece, vincitore del premio Oscar per il cartoon "Wall-e" (2008), sembra accontentarsi di riproporre – con un 3D di cui si avverte a malapena la presenza – quanto visivamente già proposto da altri suoi colleghi nell’ambito delle fanta-avventure da schermo.
Anche se il più evidente lato negativo dell’operazione è individuabile nel fatto che, nonostante l’abbondante ricorso ad azione e spettacolarità, il tutto finisce per rimanere narrativamente fiacco e poco coinvolgente, riprendendosi, in parte, soltanto nelle sequenze degli scontri corpo a corpo (comunque indirizzati al pubblico dei ragazzi, quindi, non esageratamente violenti).
Potrà piacere al massimo ai seguaci irriducibili dei giochi di ruolo e del fantasy in tutte le sue forme, per i quali il tanto dejà vu citato non può rappresentare altro che l’occasione di vedere l’ennesima rimasticazione delle tematiche e delle tipologie di personaggi che amano di più.
La frase:
"Il mio nome è John Carter, la Virginia è da dove arrivo".
a cura di Francesco Lomuscio
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