Jimmy P.
Un reduce di guerra, nonché indiano d’America, ha problemi di vista.
Non sembra esserci nessuna causa fisica, si tratta di problemi psicologici e così viene chiamato uno speciale dottore nonché antropologo. Che le cause di questo male siano da ricercare altrove, addirittura nello stesso essere un indiano d’America del ventesimo secolo?
Il regista francese Arnaud Desplechin sbarca in America e lo fa con un film che non gli appartiene. Che c’entra lui con gli indiani d’America? viene da chiedersi durante tutta la visione del film. Se nei suoi film passati la forza delle sue storie proveniva dalla sensibilità con cui descriveva i rapporti tra parenti o amici, qui si mette al centro quello tra uno psicoterapeuta ed il suo paziente, qualcosa di ben definito, almeno nei ruoli, già dall’inizio e come tale destinato ad arrivare ad una scontata conclusione. Nonostante i flashback e qualche passeggiata, il film trasuda teatro, ci sono più dialoghi che immagini e le interpretazioni sia di Benicio del Toro che di Mathieu Amalric non aiutano: Amalric sembra un folletto sempre allegro e del Toro usa tutta la varietà di sue espressioni tormentate già dopo un paio di minuti. E così anche l’apprezzabile ambizione di volere raccontare come gli abusi dei colonizzatori europei siano arrivati a gettare un’ombra non solo storica, ma tuttora attuale, sulle condizioni di vita degli indiani d’America, si perde all’interno di un film troppo calcolato che poco emoziona e ancora di meno si riesce a guardare fino alla fine senza almeno un paio di sbadigli. Peccato, Desplechin è normalmente un ottimo regista e sceneggiatore ed era lecito aspettarsi di più.
La frase:
"Le manca il suo amico?".
a cura di Andrea D'Addio
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