Jagoda: fragole al supermarket
Fragola (Jagoda) di lavoro fa la cassiera in un supermercato, ma sogna un'altra vita. Sogna di un mondo visto sulle riviste di moda e di qualcuno che, prima o poi, la porti via da quel posto là. Fragola è di Belgrado e ha visto la guerra.
Detta così potrebbe sembrare che il primo film di Dusan Milic sia un film drammatico che parli di speranze dovute, di vite segnate e dell'orrore di una guerra che, anche se finita, ancora fa male. Ed in effetti "Jagoda" è questo, ma è anche una commedia che parla di una storia d'amore tra due persone "strane" vissuta in un luogo "strano" tra gente "strana".
Influenzato dal cinema "colorato" di Emir Kusturica (che è anche il produttore del film), il linguaggio di Milic è, come quello del suo "maestro", assolutamente radicato nella tradizione balcanica. L'utilizzo di una colonna sonora tipo Bregovic e tanti altri elementi ci rendono riconoscibilissime queste radici. Così come riconosciamo chiaramente nei protagonisti principali l'orgoglio di essere serbi. Ed in effetti "Jagoda" è anche un film no global. Contro la "prepotenza" dell'America che vuole impiantare la propria mentalità in ogni posto in cui si reca, Marko, il personaggio che si "impossessa" del supermercato, rivendica la lotta per la sua terra (che forse lui non ha voluto ma che malgrado tutto c'è stata) che non può essere stata vana. Il fatto, poi, che tutti siano mezzi matti ci aiuta a capire in maniera più "leggera" quello che è rimasto di una guerra che, per quanto a due passi da noi, ci ha meno colpito di tante guerre molto più lontane. E poi c'è il sogno. Un mondo migliore per riuscire a dimenticare tutto il brutto che una vita difficile si porta sempre dietro. Fragola si innamora di un "criminale" (ma per finta!) perché è l'unica persona che lotta per sembrare diversa in un mondo che omologa tutto senza criterio. Fragola è una romantica: ancora ci crede.
La cosa più gradevole del film è, però, il fatto che riesca a dire tutto questo senza praticamente dirlo. Cioè: "Jagoda" è una commedia dove tutto è esagerato, i personaggi sono spudoratamente "folli" (così come lo sono molti personaggi di Kusturica) eppure questo rende il tutto eccezionalmente più vero.
Marko, che dice di essere un terrorista (ma sempre per finta!) in un altro contesto ci sarebbe potuto sembrare quasi insopportabile, e invece descritto in maniera comicamente esagerata diventa un eroe quasi positivo.
Come a voler dire che dalle rovine (che non dovrebbero mai esserci ma che purtroppo ci sono) prima o poi nasce per forza qualcosa di buono.

Renato Massaccesi

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