Iron Man 3
Parla di molte cose questo terzo capitolo della saga di Iron Man. Tipicamente di matrice marvelliana è la natura molto umana dell’eroe: qui Robert Downey Jr. è un Tony Stark che fatica a riprendersi da quanto successo ne "The Avengers". Non dorme più, straparla, ha attacchi di panico particolarmente feroci, ed esorcizza il tutto costruendo nuove armature di Iron Man che ormai guida quasi telepaticamente. Malgrado ciò, capisce che ha ancora bisogno della signorina Pepper Potts (Gwyneth Paltrow è in stato di grazia). Anche quando questa, stanca dei suoi atteggiamenti da psicolabile, minaccia di andare via. Poi, improvvisamente, un’oscura minaccia si palesa negli Stati Uniti. Il Mandarino (rappresentato come una specie di Bin Laden redivivo...) manda ex militari americani a farsi esplodere in varie zone del Paese. Insomma, Iron Man deve tornare a volare per salvare tutti noi...
Se c’è una cosa che Stan Lee, nella figura di creatore di fumetti Marvel ha insegnato al grande pubblico di appassionati lettori, è che non bisogna prendere troppo sul serio l’universo dei comics. E questo "Iron Man 3" ce lo dimostra ancora una volta. Jon Favreau abbandona la regia della saga e la affida al misconosciuto Shane Black (suo il poliziesco "Kiss Kiss Bang Bang") che ha pure talento, ma viaggia a risparmio. Le idee ci sono, tante e anche buone. Il terrorismo, la paura del sé e del prossimo, l’incapacità dell’eroe di trovare un proprio equilibrio, gli errori del passato e sullo sfondo: una America segnata da guerre e massacri... Sembrano tematiche alla Nolan. Manca invece un po’ di convinzione. Tutti gli aspetti potenzialmente drammatici della trama sono trattati in modo superficiale, con soluzioni alle volte anche troppo facili (il bambino che per metà film aiuta Iron Man contro i cosiddetti "cattivi" è roba anni Ottanta!). Ciò che accade è che il film, pur divertendo non convince; si lascia vedere tra una smorfia e l’altra, ma deludendo in buona sostanza le aspettative.
Rimangono opinabili alcune scelte fatte in sede di sceneggiatura.
(Attenzione: SPOILER!)
Va bene la riscrittura e l’adattamento se queste sono al servizio dello spettacolo, ma vedere il personaggio del Mandarino - nemico storico dell’uomo di ferro – trasfigurato dal film in una caratterizzazione che nulla ha a che fare con quella fumettistica, è francamente sconfortante. Anche se a interpretare la maschera c’è il premio Oscar Sir Ben Kingsley. Oppure la signorina Pepper Potts che per salvarsi indossa l’armatura di Iron Man e si mette a combattere sembra un’idea venuta a chi non ha più nulla da scrivere sul personaggio principale. E ancora, il personaggio di Iron Patriot è trattato poco e male, oltre a provenire da una saga fumettistica che nulla ha a che fare con la trama del film. E sul finale, il mancato salvataggio di Tony Stark lascia alquanto perplessi... Persino la scena dopo i titoli di coda è deludente, dove vediamo Tony Stark a una seduta psicanalitica da Bruce Banner, alias Hulk. Una specie di macchietta comica.
Rimane da dire sulla scena più bella del film. Quella in cui Iron Man in caduta libera salva un gruppo di tredici persone precipitate da un aeroplano. Vengono in mente libertà e follia: gli elementi che caratterizzano i fumetti, e i film, della Marvel Comics.
La frase:
"Siamo noi a creare i nostri nemici".
a cura di Diego Altobelli
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