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The Divergent Series: Insurgent











In un futuro distopico e post apocalittico l’umanità si è rifugiata all’interno di un enorme recinto e divisa in classi. Ci sono Eruditi, Abneganti, Pacifici, Candidi e Intrepidi, e di ognuna di queste classi fa parte un determinato tipo di persone. Poi però, ci sono anche i Divergenti, quelli cioè, che appartengono a più classi contemporaneamente. Di quest’ultima fa parte Tris, l’agguerrita protagonista che si porta dietro la colpa di essere stata causa dell’uccisione dei propri genitori. Al suo fianco Quattro, pronto a guidare la rivolta che si abbatterà sui due e su tutti coloro che hanno scelto di non appartenere a nessuna fazione: un oltraggio inconcepibile per la società degli Eruditi...

Un tempo c’erano i fantasy, ora non più. O almeno non solo. Il mondo della letteratura per ragazzi si è fatta negli ultimi anni decisamente più cruda, in qualche modo cruenta, forse pure realistica. Sempre più varia. In particolar modo a spiccare sono le figure femminili: Bella Swan, indecisa tra il vampiro e il licantropo; la combattiva Katnees pronta a elevarsi a nuova Giovanna D’Arco; e ora anche Tris, capace di menare le mani come pochi camionisti del Kentucky, ma sempre rimanendo fedele al ruolo tormentato che si confà a una pulzella. Oltre alla figura femminile, chiaramente stravolta nell’immaginario contemporaneo (qualcuno parla ancora di sesso debole?), anche il linguaggio è più deciso.
In particolar modo in “The Divergent Series” colpisce la scena del protagonista Quattro quando spara in testa a uno dei cattivi in quella che è praticamente una esecuzione a sangue freddo (l’uomo davanti a lui è in ginocchio e disarmato), oppure il secondo fine di Evelyn, che a sua volta non esita… ok, non aggiungiamo altro per non rischiare spoiler massicci! Anche i temi che muovono i personaggi sono decisamente più sfumati, meno chiari che in passato (basta citare i vari hobbit e maghetti vari). Bene e male sembrano un'unica entità, che è il mondo in cui si svolge la storia, pronta a donare a ogni giro di vite (pagina) un nuovo punto di vista. Per il secondo capitolo di Divergent si cambia quasi tutto. Il regista ora è quel Robert Schwentke di “Red” e “RIPD”: non è tanta roba, all’inizio, ma nel finale recupera qualche momento vuoto di troppo, soprattutto con dei momenti onirici invasivi e avvincenti. I protagonisti invece funzionano meglio, con Shailene Woodley pronta a correre, saltare, menare e poi ancora correre saltare menare senza soluzione di continuità. Naomi Watts e Kate Winslet invece sono fortissime e incarnano perfettamente l’equilibrio vagamente uterino che muove il mondo di Divergent. Il resto del film va dal già visto al già sentito. Al confronto diretto con “Hunger games” la saga di Veronica Roth ne esce maluccio. C’è più violenza che altrove, ma manca comunque qualcosa che è difficile da definire. Tocca cercare altrove, chissà, magari dalle parti di un semidio greco o di un drago reincarnato. Per raccontare un mito, insomma, non basta vestirsi alla moda.

La frase:
"E’ un esemplare unico. Ha superato tutti i test!".

a cura di Diego Altobelli

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