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I Love Shopping
I Love Shopping e i suoi derivati hanno scalato tutte le top ten dei best seller, regalando alla sua autrice, Sophie Kinsella, fama e ricchezza. Era solo questione di tempo prima che Hollywood si impossessasse dei suoi diritti e ne facesse un film (e speriamo solo uno) sulle avventure della fashion addicted per eccellenza, Rebecca Bloomwood, in arte Becky.
Becky, non più inglese ma americana, residente a New York, è una giornalista sull'orlo di un collasso finanziario che trova per sbaglio posto in una rivista economica, sognando di poter lavorare per "Alette", un giornale di moda dello stesso gruppo editoriale. Il resto è una banalità dietro l'altra: Becky conquista il suo capo, bello, ricco, sensibile; riesce a diventare la giornalista di punta della rivista e infine supera la sua dipendenza.
Il film è veramente deludente, a tratti irritante, la sua protagonista è di una stupidità che rasenta la demenza, i siparietti che si vorrebbero comici risultano fastidiosi con la protagonista che cade, rotola, fa finta di perdersi e poi sorride, sorride, sorride sempre, di un sorriso così finto e di plastica che vorremmo vedere entrare in scena il Mickey Rourke di "The Wrestler" per farle una presa doppia e sbatterla al tappeto.
Anche più dementi i personaggi che la circondano che si sdilinquiscono per le banalità che dice. E' assurdo che la direttrice di una rivista di moda possa interessarsi ad una persona che abbina gli abiti come se tutti gli specchi di casa sua fossero rotti. Gli accostamenti cromatici sono un pugno nell'occhio per ogni persona che abbia un minimo di gusto o di senso estetico, anche se è americana questo non la scusa.
E' triste vedere John Goodman e Joan Cusak relegati al ruolo di genitori sottosviluppati, che abbandonano il loro stile di vita parsimonioso ed economo dopo aver letto un articolo di giornale. Nelle commedie spesso capitano situazioni irreali o paradossali ma per poter essere accettate devono essere ben costruite, giustificate, qui tutto viene buttato lì senza senso e senza misura, le ovvietà si sprecano e quel che è peggio non c'è una battuta, che sia una, che faccia ridere, ma neppure sorridere. Guardiamo il film domandandoci: "ma è così anche il libro? nel qual caso perché ha venduto tanto?"
La frase: "Avete presente quando incontrate due begli occhi che vi sorridono e il cuore si scioglie come una noce di burro sul pane tostato caldo? Io mi sento così quando vedo un negozio".
Elisa Giulidori
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