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Il grande orso











Quando pensiamo agli orsi che, in oltre un secolo di immagini in movimento, hanno affollato gli schermi della Settima arte più popolare, a balzare immediatamente alla memoria sono, senza dubbio, "Grizzly - L’orso che uccide", horror boschivo firmato nel lontano 1976 dal compianto William Girdler, e "La grande avventura", pellicola per famiglie realizzata l’anno precedente da Stewart Raffill.
Spostandoci nell’ambito dei cartoni animati, però, è impossibile non pensare al protagonista di "Koda, fratello orso" o al Baloo de "Il libro della giungla", simpatici esempi disneyani decisamente distanti da questo prodotto d’animazione danese che, presentato all’interno della selezione ufficiale del sessantunesimo Festival di Berlino, non bisogna assolutamente confondere con l’omonimo lungometraggio live action diretto nel 1997 da Craig Clyde.
Perché, caratterizzato da dimensioni a dir poco godzillesche ed in grado di sfruttare come copertura mimetica gli alberi cresciuti sul suo dorso fino a far parte del proprio corpo forte e maestoso, il bestione rappresentato da Esben Toft Jacobsen appare tutt’altro che dotato della parola e dedito a balletti o altre divertenti azioni accattiva-bambini, in quanto impegnato a non farsi trovare da un cacciatore, acerrimo nemico da quando l’animale, risvegliatosi dal letargo, distrusse il villaggio costringendo tutti i residenti alla fuga.
Quindi, al di là di quel pizzico di indispensabile tocco di fanciullesca fantasia, è in maniera più realistica del solito che i circa settantacinque minuti di visione costruiscono progressivamente il rapporto di amicizia destinato a instaurarsi tra il pelosissimo colosso e i due fratellini Sofia e Jonathan, addentratisi nella grande, disabitata foresta sorta negli anni passati dietro il cortile di casa del loro nonno, il quale vive nel bosco.
Del resto, complici i generali toni cupi che arrivano addirittura a sfiorare quelli delle storie di paura, risulta immediatamente chiaro che ci troviamo dinanzi a un elaborato concepito su una concezione fiabesca del tutto diversa da quella nostrana, maggiormente volta all’allegria e alla solarità.
Ma, nonostante tutto, non appare assente l’indispensabile ironia e, man mano che la dura lotta intrapresa dai due piccoli protagonisti per la salvezza dell’amicone a quattro zampe viene ostacolata anche da spettacolari incendi, gli spettatori più piccoli – seppur a tratti intimoriti – giungono a un liberatorio finale accompagnati da un importante messaggio e, allo stesso tempo, contenti di essere venuti a conoscenza di una produzione d’animazione – scoperta per l’Italia dalla Poker entertainment di Stefano Calvagna – non rientrante, una volta tanto, nei soliti listini Disney, Pixar e Dreamworks.

La frase:
- "Nonno, cosa c’è oltre quel muro?"
- "La grande foresta".

a cura di Francesco Lomuscio

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