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Il bacio dell'orso
Una favola che vorrebbe avere il sapore della realtà, quella raccontata dal regista russo Sergei Bodrov nel suo ultimo film presentato in concorso alla 59ma Mostra di Venezia. Purtroppo non è niente di più di un esperimento stilistico, e neppure tanto perfetto, crudelmente privo del guizzo creativo necessario ad acquisire un qualsivoglia significato. Ritornando al mondo dell'infanzia e delle favole raccontate davanti al fuoco dalle nonne, Bodrov modifica e modernizza quella della principessa e della rana: trasforma la principessa in una ragazzina di quattordici anni, trapezista in un circo malandato, e la rana in un orso strappato dalle "zampe" della madre in tenerissima età e regalato alla giovane dal patrigno.
Abbandonata prima dalla madre, che poi non è neppure sua madre, e in seguito costretta a lasciare il circo per un malconcio gruppo di teatranti da strada, Lola si lega sempre più all'orso, unico elemento stabile della sua vita sgangherata, fino a quando una sua improvvisa dichiarazione d'amore non esorta l'animale a diventare uomo. Giovane, bello e con due profondi occhi blu, lontani mille miglia da quelli neri dell'animale, Misha protegge le notti dell'adolescente, aggirandosi con lei per le strade dei numerosi paesi che attraversa con il teatro, e condividendone infine l'angusto letto.
Due lunghissime ore di immagini senza sapore e dialoghi inconsistenti, in cui la totale assenza di coinvolgimento del regista è di raccapricciante crudeltà. Crudeltà nei confronti di un pubblico che si dibatte nelle maglie di una favola che non lo è nel tentativo di dare un significato ad una eventuale metafora della vita, o dell'adolescenza, o dell'amore, o della morte o di chissà cos'altro.
Un susseguirsi di notti brave di un orso che nelle sue rinnovate fattezze umane si aggira per i pub e beve birra, e della giovane protagonista che segue impudicamente il suo fantasma d'amore, sperando di dimenticare la profonda solitudine della propria esistenza nascondendosi tra le braccia nerborute di Misha con la segreta speranza della promessa di amore eterno.
Disperatamente privo dell'arte epica del "Lady Hawke" di Richard Donner, e a tratti ridicolo come Yoghi e Bubu di Hanna e Barbera, l'orso di Bodrov finisce per sciupare la sua occasione di restare uomo correndo in difesa dell'onore della sua bella e uccidendo l'uomo che tenta di violentarla. Fatale destino che lo costringerà a tornare orso e correre solitario per le innevate distese siberiane, e Lola dietro di lui.
Triste destino per due improbabili amanti. E per lo spettatore costretto a tanta inutile noia.
Valeria Chiari
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