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Ilaria Alpi - Il più crudele dei giorni
Voci concitate, ansiose, preoccupate. Immagini che ritraggono scenari di guerra e distruzione, nessuna persona. Poi due spari, poi più nulla. Inizia così il film che narra la tragedia di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin. Il film è concepito come se fosse un cerchio. La scena iniziale e quella finale sono le stesse: tutta la vicenda che si dipana a partire dal tragico accaduto, ripercorre tutte le tappe che lo hanno preceduto e quindi lo mostrano nuovamente. Si procede attraverso ricostruzioni basate sui veri filmati della televisione americana e svizzera, sui reportage di Ilaria, sulle testimonianze. Si racconta l'ultimo mese di vita della giornalista e del cameraman, dei loro spostamenti fra l'Italia, l'ex Jugoslavia, la Somalia. Si mettono in luce l'umanità, la forza e la passione di Ilaria, l'accanimento verso qualcosa che viene taciuto ma che può nuocere a migliaia di persone. Non bisogna però credere che sia un film-inchiesta: si parte sì da fatti realmente accaduti, si fanno i veri nomi di tutte le persone coinvolte, ma in alcuni punti, dove non ci sono né materiali nè testimonianze, il regista e gli sceneggiatori hanno lavorato di fantasia, anche se basandosi su una delle ipotesi più accreditate. Il film colpisce dritto al cuore, non lascia spazio a dubbi o perplessità. È doveroso chiarire quanto accadde nove anni fa a Mogadiscio, e anche se la magistratura ha chiuso il caso, il film può contribuire a far riaprire lo stralcio relativo all'accertamento dei mandanti e degli esecutori. Il caso Alpi è una dei più inquietanti della storia italiana recente. In esso vi sono coinvolte alte cariche dell'esercito, funzionari governativi, faccendieri. Questa vicenda è piena di zone buie: subito dopo l'attentato, nessuno si reca sul luogo del delitto, nessuno attiva un'indagine, non vengono sequestrate le armi presenti sulla scena, non vengono interrogati i testimoni; qualche tempo dopo un generale dell'esercito italiano in una lettera ai genitori di Ilaria scrive delle bugie clamorose, che verranno in seguito smentite dall'evidenza delle immagini televisive girate nei pressi del luogo dell'agguato; l'autista che guidava la macchina su cui furono uccisi Ilaria Alpi e Miran Hrovatin è morto misteriosamente lo scorso ottobre, proprio quando aveva deciso di riferire quanto sapeva. Non sarà facile dipanare questa intricata matassa, così come non è stato facile realizzare il film. Pressioni e minacce hanno colpito non solo i realizzatori, ma anche quei somali che venivano contattati per entrare a far parte del cast. Potremmo dire che questo è uno di quei film "all'americana", in cui si racconta di fatti e personaggi realmente accaduti, senza tacere nomi e incarichi ricoperti. È un film che si propone di denunciare un tipo di corruzione e di malavita che non si ferma di fronte a niente pur di raggiungere i suoi sporchi fini di lucro. Gli interpreti sono davvero bravi. La Mezzogiorno è riuscita a calarsi così bene nel personaggio che gli stessi genitori di Ilaria Alpi hanno ammesso che ad un certo punto non vedevano più le differenze fisiche fra la figlia e l'attrice. Anche Rade Sherbedgia, risulta molto credibile nei panni del cameraman. Un plauso va comunque a tutti coloro che hanno lavorato al progetto, perché hanno dimostrato ancora una volta che non tutti tacciono di fronte alle ingiustizie, che è importante combattere per la verità e che anche se "i buoni" non sempre ce la fanno, la loro memoria potrà servire da sprone per tutti coloro che vogliono credere in un mondo migliore.
Teresa Lavanga
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