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Houdini, l'ultimo mago
Fu uno dei più importanti uomini di spettacolo di inizio ventesimo secolo, l’analogo, se non di più, di un Messi e di un Johnny Depp, ancor oggi motivo di ispirazione tanto che sulla sua figura Michael Chabon ha tratteggiato "L’escapista", il fantastico personaggio del fumetto inventato in "Le avventure di Kavalier e Clasy" (Premio Pulitzer nel 2000): Harry Houdini è uno di quei simboli di cui si legge nei libri di storia. E questo perché oltre alla sua ineguagliata abilità nel fuggire da qualsiasi costrizione fisica, fu anche uno dei primi immigrati (nacque a Budapest) dell’est europeo a diventare ricco e famoso negli States, motivo d’orgoglio di altri poveri ragazzi con le radici oltreoceano che trovarono in lui l’esempio che l’“american dream” fosse reale e alla portata di tutti. Una star quindi dalla vita intensa e ricca di significati che vanno oltre il semplice vivere, eppure "Houdini - l’ultimo mago", secondo film per il cinema (di televisivi ce ne sono stati parecchi) dedicato alla sua figura dopo quello del 1953 con Tony Curtis, prende in esame un aspetto piuttosto intimo del suo percorso: il non aver ascoltato le ultime parole della madre poco prima che lei decedesse.
Un’ossessione che lo spinse a chiedere i consulti di medium et similia per poi rendersi conto dell’inutilità della cosa, tanto da essersi messo al fianco della polizia per mascherare le tante truffe dei Do Nascimento dell’epoca. Ecco quindi che l’incontro con una donna e sua figlia, entrambe dotate di presunti poteri paranormali, diventa per lui l’occasione per riprendere possesso della sua vita, dei suoi piaceri, delle sue emozioni, dell’amore...
Seppur si parli di un personaggio fuori dall’ordinario, punto di partenza per qualsiasi effetto speciale e spettacolarità, il film dell’australiana Gillian Armstrong decide di dedicarsi più all’aspetto personale della sua storia: c’è qualche scena intrisa di suspanse (o almeno intenta ad esserlo), ma sembra quasi un atto di dovere visto che si parla di Houdini. Allo stesso tempo la vicenda intima del protagonista segue uno sviluppo narrativo piuttosto convenzionale, standardizzata in quel mix tra dramma personale e amore impossibile (alla "Moulin Rouge") che si è soliti vedere in film da cassetta realizzati con il misurino delle dosi. La sensazione finale è che si sia proposta la storia di un personaggio pensando che fosse il personaggio stesso a dover suscitare emozioni e significati. Uno scambio di ruoli, tra narratore e soggetto, che finisce con il fare di "Houdini – l’ultimo mago" un film anonimo.
La frase: "Possa Dio aver pietà della mia umile anima".
Andrea D'Addio
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