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Hercules: Il guerriero











Le sue imprese erano così incredibili che non potevano essere state compiute da un mortale.
Imprese comprendenti l’uccisione della serpentina Idra di Lerna, il combattimento del cinghiale di Erimanto e l’annientamento del leone di Nemea, che, facenti parte delle sue famose, dodici fatiche, vengono poste direttamente nel corso del già movimentato prologo del lungometraggio che Brett Ratner – autore di “Red dragon” (2002) e “X-Men-Conflitto finale” (2006) – dedica sotto la produzione esecutiva di Peter Berg – regista di “Hancock” (2008) e “Battleship” (2012) – al più grandioso mito di tutti i tempi: Hercules.
Un Hercules che, possedendo le fattezze del Dwayne Johnson meglio conosciuto sotto lo pseudonimo The Rock, richiama quasi alla memoria “Il re scorpione” (2002) di Chuck Russell – interpretato, appunto, dal protagonista di “Viaggio nell’isola misteriosa” (2012) – nel mostrarsi semidio divenuto un mercenario errante, tormentato dal passato sterminio della sua famiglia e al comando di un gruppo di insolenti seguaci di cui fanno parte, tra gli altri, il nipote Iolaus, l’indovino Amphiaraus, l’arciere femmina Atalanta e lo stratega Autolycus. Ovvero Reece Ritchie, Ian McShane, Ingrid Bolsø Berdal e Rufus Sewell, impegnati, al fianco del tutto muscoli che ha incontrato sul proprio cammino anche il cane a tre teste Cerbero, in una temeraria campagna che intende porre fine alla sanguinosa guerra civile che sconvolge la Tracia per far ritornare sul trono il legittimo re.
E, con Joseph Fiennes e il veterano John Hurt rispettivamente nei panni del sovrano Eurystheus e di Lord Cotys, è dalla serie a fumetti “Hercules, le guerre della Tracia” che i circa novantotto minuti di visione prendono le mosse; per poi costruirsi su un esile script a firma di Ryan Condal ed Evan Spiliotopoulos che, sfruttando, in realtà, pochissime situazioni, mira in maniera esclusiva al puro intrattenimento da grande schermo hollywoodiano.
Ma, in mezzo a punte di freccia conficcate nel cranio, bighe in corsa, muri di scudi e lance pronte ad essere scagliate contro gli avversari, se le maestose – seppur più modeste del solito – battaglie provvedono a regalare la spettacolarità che ci si aspetta da un’operazione del genere, l'elemento veramente interessante va riconosciuto alla atipica scelta di umanizzare il figlio di Zeus, fornendo razionali spiegazioni di tutte quelle che sono state le sue leggendarie, fantastiche avventure.
Quindi, complici una indispensabile spruzzata di ironia e, soprattutto, il buon ritmo generale, ci si diverte senza gridare al capolavoro, evitando totalmente la noia ed apprendendo, allo stesso tempo, che il mondo ha bisogno di credere in un eroe.

La frase:
"Cinque uomini con un colpo solo. Credi ancora di poter affrontare il figlio di Zeus?".

a cura di Francesco Lomuscio

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