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Hardball
Non c'è niente da fare, non riesco mai a smettere di chiedermi il perché di certi film; perché girarli, ma soprattutto perché distribuirli in Italia (a parte dargli uno spunto in più nel mercato dell'home-video). "Hardball" è tratto da un libro di Daniel Coyle, da cui il regista Brian Robbins ("Varsity Blues") ha ricavato questa pellicola a cavallo tra il genere sportivo e quello di denuncia sociale.
Conor O' Neill (Keanu Reeves / "The Gift") è un incallito scommettitore che ormai ha toccato il fondo: indebitato con amici ed allibratori è disposto a tutto pur di racimolare qualche dollaro ed è proprio questo il motivo che lo spinge ad allenare una squadra di baseball del ghetto di Chicago.
L'inizio non è certo dei migliori, tra la diffidenza dei suoi giovani giocatori e la sua totale mancanza di voglia, il rapporto con i ragazzi non riesce a decollare. Ma spinto dalla necessità, dall'entusiasmo dei ragazzi e, perché no, dalla possibilità di avere una storia con la signora Wilkes (Diane Lane / "La Tempesta Perfetta"), l'insegnante dei ragazzi, Conor si appassiona mano mano al suo lavoro, ed alla fine il bilancio del dare ed avere si ritroverà in parità.
Questa pellicola ibrida è un costante inno alla scontatezza; la storia non presenta alcun picco d'interesse, tutto quello che si vede è già scritto fin dal primo fotogramma e non lascia certo spazio né all'immaginazione, né alla sorpresa. I temi di "spessore" sono triti e ritriti e non viene aggiunto nulla alle mille pellicole che la hanno preceduta. La situazione di completa indigenza di molte famiglie americane (specialmente nere o ispaniche) è ben nota, la presenza di case-alveare o delle gang è costantemente sotto gli occhi ed infine la mancanza d'istruzione che, volenti o nolenti, i giovani subiscono è un problema affrontato in molte sedi. La scelta dell'aspetto sportivo per catturare lo spettatore non risulta per nulla convincente tanto più che il film è girato male e recitato peggio, con l'unica eccezione dei giovani ragazzi della squadra dei Kekembah che almeno sono "genuini". L'unica mossa vincente del regista sembrava quella relativa al finale, ovvero di lasciare in una sorta di limbo l'esito della partita finale della lega di baseball, ma è solo un'impressione, poiché le nostre aspettative vengono tradite sul nascere, scivolando così nella banalità che ha contraddistinto tutti i cento minuti del film. La frase finale di Reeves è la summa del tutto: "Quello che ho imparato da voi è: partecipare!", bravo!
Come considerazione finale non posso che invitarvi ad affittare la cassetta di "Arrivano gli Orsi", un piccolo gioiello che probabilmente Brian Robbins non ha mai visto.
Indicazioni: Solo per chi ha trovato occupata la sala del suo film preferito.
Valerio Salvi.
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