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Güeros

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Davide Previti11 ottobre 2014
 

  • Foto dal film Güeros
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Güero (Gue-ro): 1. Uovo non fertilizzato. 2. Uomo pallido e malaticcio.

“Fottuti film messicani: non fanno che prendere una manciata di poveracci, girare in bianco e nero e la chiamano arte!” - questo lo sfogo di Santos (Ortizgris) dopo un breve incontro con una troupe cinematografica nel film “Güeros” di Alonso Ruiz Palacios. L’unico problema è che Santos è uno dei protagonisti di un film che fa esattamente lo stesso... Questo è uno dei tanti momenti dove il regista messicano riflette intenzionalmente sul film, nel film stesso, rifiutando categoricamente di prendersi sul serio.

“Güeros” ha, invece, davvero molto che deve essere preso sul serio. E’ un film di valore assoluto: girato con intelligenza, creatività, un intellettualismo mai stucchevole ma sempre scherzoso e una fotografia pulita, innovativa e quanto mai variegata.

Parlare di “Güeros” è difficile perché fa ed è tante cose al contempo. Non ha un genere ben definito, fa piangere e ridere, è logorante ed eccitante, veloce e lento. La trama stessa non porta dal punto A al punto B ma serpeggia tra decine di obiettivi e temi che vengono presi, poi dimenticati e poi ripresi ancora.

Il protagonista all’inizio è il piccolo Tomàs, che dopo avere gettato un gavettone su una donna con un passeggino, viene cacciato da casa dalla mamma che lo spedisce a stare con il fratello maggiore, ‘Sombra’, studente universitario a Città del Messico. Nella capitale messicana i protagonisti diventano tre perché con Sombra vive il suo amico Santos. Completa infine il gruppo Ana, a metà film, fervida attivista all’università durante lo sciopero e fiamma passata e presente di Sombra.

Il film, infatti, è ambientato durante uno sciopero universitario. Il riferimento è chiaramente allo sciopero del 1999, il più lungo della storia messicana, durato oltre 10 mesi. Tuttavia la data non viene mai specificata e a fianco di elementi ‘retrò’ come i walkman troviamo anche gli smartphones.

Come ha sottolineato lo stesso Ruiz Palacios nel dibattito post-proiezione al festival, il film è formalmente e semanticamente diviso in due parti. Durante il primo terzo di film i personaggi, la trama e la videocamera sono assolutamente statici. Sombra e Santos sono in sciopero dallo sciopero, prigionieri del loro appartamento caotico, dove le uniche ‘pseudo-attività’ dipendono dal rubare elettricità dall’appartamento sovrastante convincendo una ragazza down a calare di nascosto una prolunga dal balcone con un retino.

E’ Tomàs a scuotere le acque e a smuovere sia il duo sia il film stesso che improvvisamente cambia marcia. Si parte in cerca del leggendario musicista Epigmenio Cruz che, stando al papà di Sombra e Tomàs “una volta ha fatto piangere Bob Dylan.” Chiunque ascolti la cassetta di Epigmenio usando il walkman di Tomàs reagisce allo stesso modo: “Incredibile, non ho mai sentito niente di simile.” Il film ha una grande colonna sonora ma anche un’incredibile ed articolato paesaggio sonoro, e quando viene ascoltato Epigmenio il film molto intelligentemente diventa muto. In questo modo, ogni singolo spettatore può sostituire al silenzio il suo Epigmenio Cruz. L’identificazione con i personaggi e le emozioni che provano ascoltando la musica di Epigmenio diventa un processo semplice ed efficace per lo spettatore, una chiave nell’apprezzamento del film nell’intero.

Grazie all’iniziativa di Tomàs e alla curiosità generale di incontrare il genio musicale Epigmenio Cruz, il trio prende la macchina e comincia uno strambo viaggio per le vie di città del Messico. I capitoli del film sono intitolati secondo l’area della città dove si trovano: Sud, Nord, Università etc.

Sebbene carico di riflessioni politiche, di riferimenti culturali e sociali e anche di momenti di violenza, il film mantiene sempre un atteggiamento ed un umore molto giocoso. Per lo spettatore è un piacere unirsi alla banda e lasciarsi sballottare di qua e di là un po’ senza meta e un po’ alla ricerca del mitico Epigmenio. Per quanto scherzoso, però, il film è arte cinematografica allo stato puro; comunica con le immagini e i suoni all’unisono per tutte le quasi due ore di proiezione con momenti da pelle d’oca come la sequenza visionaria di quando Sombra vede piovere piume di uccello in macchina.

Ci sono voluti dieci anni a Ruiz Palacios per finire “Güeros”, speriamo di dovere aspettare di meno per il suo secondo film...


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