Gli Astronomi

Nel 1843, due astronomi nordeuropei, il danese Peters e il tedesco Wittelsberg, approdano in Sicilia: un arciprete della provincia di Catania vuole fare costruire una meridiana. Il progetto è ambizioso, importante, ma soprattutto ben pagato. Dopo qualche giorno, però, Wittelsberg decide di ripartire, lasciando Peters a fare i conti con l'omertà e la curiosità della cittadina. La costruzione della meridiana procede a rilento a causa di intrighi, dicerie, sospetti e segreti che avvolgono non solo la curia, ma le famiglie più in vista del paese. Alla fine il progetto sarà concluso, ma tanti misteri resteranno insoluti.
Cosa accade se si mettono a confronto due modi di pensare totalmente diversi quali potevano essere quello cattolico di un piccolo borgo della Sicilia di fine Ottocento e quello luterano di un danese istruito? I dogmi e le verità assolute, proprie del cattolicesimo e soprattutto di quel particolare tipo di cattolicesimo, vengono puntualmente smontate dalla ferrea ragione dei luterani. Il confronto fra l'arcivescovo Stupendo (Marisa Fabbri) e il matematico Peters (Paolo Bonacelli) non può che portare ad un'unica conclusione: spesso il potere della chiesa, in paesi arretrati, si basa sull'ignoranza dei fedeli. Gran parte della vicenda, infatti, ruota intorno ad un mistero, rigorosamente taciuto ai fedeli, relativo ad una lapide posta sul pavimento della chiesa, che non deve assolutamente essere toccata: si può cambiare il percorso della meridiana (compromettendone inevitabilmente la precisione), ma la pietra deve restare al suo posto.
Sembra quasi di guardare una piéce teatrale piuttosto che una pellicola cinematografica. Gli attori, tutti di indubbia fama e di grande esperienza, interpretano in modo particolarmente enfatico tutti i personaggi (da puntualizzare senz'altro l'interpretazione di Marisa Fabbri, assolutamente credibile nei panni dell'arcivescovo). I dialoghi sono caratterizzati dall'impostazione della voce propria del teatro, le scene potrebbero essere ricostruite su un palco: cinematograficamente risulta un pò lento, uno di quei film di nicchia che riescono ad attrarre un pubblico colto, attento nei confronti di storie tanto singolari. A teatro sarebbe di tutt'altra portata, potrebbe davvero coinvolgere il pubblico, renderlo quasi parte integrante della vicenda.

Teresa Lavanga

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