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Giovanna la pazza
Giovanna era veramente pazza?
Con questa domanda il regista spagnolo Vicente Aranda decide di indagare nel materiale storico che riguarda la regina di Castiglia e di Aragona, sposa nel 1496 di Filippo il Bello, figlio di Massimiliano I d'Asburgo ed erede da parte di madre, Maria di Borgogna, dei Paesi Bassi.
Una storia d'amore appassionato quella dell'appena diciottenne Giovanna per l'affascinante principe per il quale arriverà persino a dimenticare i propri obblighi politici in nome del suo incommensurabile amore. Filippo è un uomo dal carattere volubile e dagli ancor più fragili trasporti e propenso alle avventure con donne d'ogni casta, vola dal talamo coniugale, in cui l'appassionata Giovanna vorrebbe trattenerlo, a giacigli meno profumati ma ben più eccitanti. Mentre la regina colleziona delusioni dal suo marito-amante la nobiltà trama e cospira, facilitata dal benestare del re consorte nient'affatto interessato alla politica se non per i privilegi che questa può assicurargli, arrivando a far dichiarare pazza la moglie. Ma il pover'uomo morirà di lì a poco, probabilmente di peste, implorando il perdono della consorte.
Ispirato dal desiderio di parlare della follia d'amore più che del personaggio storico, il regista spagnolo, autore di uno dei più intensi drammi passionali - "Amantes" - si intestardisce a raccontare la Storia rimpicciolendone la S.
Relega in un angoletto oscuro e polveroso la vicenda politica dei personaggi, il cui potere riunì quasi tutta l'Europa del '500 sotto il loro scettro, in favore di quella erotica. La qualità e la realizzazione dell'intero impianto scenografico e coreografico non nasconde una evidente impronta televisiva e a ratificare questa sensazione è anche la scelta degli interpreti: a partire da Giuliano Gemma, abbastanza goffo negli abiti pesanti del consigliere di Filippo e con la solita scarsa dimestichezza con l'arte recitativa. Il ruolo di Giovanna è invece rivestito da una famosa attrice televisiva spagnola dalle interessanti promesse cinematografiche, Pilar Lopez de Ayala, ardimentosa nella follia d'amore e nel dare voce al dolore intimo della sua regina, che moderna più dei moderni antepone la propria vita sentimentale alle priorità politiche del suo status. Purtroppo l'intensità drammatica della Lopez è spesso bloccata dalle raggelanti interpretazioni di Daniele Liotti, nel ruolo del bello e inaffidabile consorte, e di Manuela Arcuri, amante "mora" del re, il cui viso inespressivo ispira urla di vendetta.
Il risultato è un'operazione cinematografica poco soddisfacente che attraverso uno storicismo convenzionale seppur elegante non aggiunge nulla, se non il gusto amaro dell'indefinito.
Valeria Chiari
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