Giochi d'estate
L’estate è per antonomasia il periodo delle vacanze e del divertimento, ma per un gruppo di ragazzini è il momento adatto per affacciarsi all’adolescenza con i primi innamoramenti, con la confusione e i primi turbamenti, con i giochi che si tingono di proibito, spesso anche violenti. Non si è più bambini, ma non si è nemmeno adulti e se gli adulti che li circondano non sono esattamente dei genitori modello, la crisi s’accentua. Con sullo sfondo i meravigliosi paesaggi della Maremma toscana si sviluppa la vacanza di questi futuri adulti, in particolare di Nic, dodici anni, che cerca di estraniarsi dai conflitti familiari dovuti ad un padre violento, volgare e manesco e da una madre che sembra incapace di divorziare da lui, sebbene lo desideri. Piccolo, ma già adulto dentro si prende cura del fratello minore Agostino cercando di dimostrarsi forte, sebbene sia confuso. Vuole essere forte tanto da non provare nulla, nemmeno fisicamente, ma le cose cambiano quando incontra Marie. Marie vive a Ginevra ma è in vacanza con la madre che vorrebbe che la figlia fosse felice e serena senza rendersi conto del reale disagio della ragazza che cerca in tutti i modi di conoscere il padre, di incontrarlo sperando di esserne amata. Accomunati dal rapporto conflittuale con i genitori e in particolare da un difficile rapporto con la rispettiva figura paterna, creano un gruppo di giochi con cui sfogano le loro insicurezze e i dubbi, cominciando inavvertitamente ad aprirsi uno all’altro. Non mancano i momenti di spavalderia tipici dell’età, di allegria e di birbanteria, ma sono immortalati dal regista con un tocco delicato, facendo emergere il non detto attraverso inquadrature paesaggistiche dalla fotografia limpida. "Giochi d’estate" realizzato da Rolando Colla esplora, attraverso un racconto semplice carico a volte di silenzi, i primi passi verso la vita, perfino i paesaggi nella loro bellezza sembrano prendere parte al racconto diventando voce dei sentimenti dei protagonisti. Nic e Marie desiderano solo non soffrire più, diventare "un’altra persona", estraniarsi dal corpo e questa impermeabilità, questo desiderio di annullamento e le loro ossessioni si manifestano in paesaggi dove domina l’erba secca ingiallita dal sole, con un frinire incessante di cicale, eppure... Quando arrivano a comprendersi e a creare un rapporto più profondo aprendosi agli altri, la vegetazione diventa più verdeggiante, rigogliosa e il rumore dell’acqua e del vento divengono dominanti.
La pellicola è ben costruita ed organizzata nel suo insieme e dopo un inizio in cui è rumorosa e mossa diventa man mano più nitida, il ritmo lento però tende ad inficiare l’opera appesantendola, è chiaro l’intento del regista che con questo lavoro sembra tentare di far pace con se stesso e la sua infanzia. Come ha spiegato lo stesso Rolando Colla infatti: “La trama del film è ispirata alla mia infanzia. I miei genitori, entrambi italiani, si trasferirono in Svizzera affrontando una vita di stenti e privazioni. Mia madre, mio fratello ed io eravamo spaventati dal carattere violento di mio padre, dalle sue urla. Ho cercato di analizzare quella forza oscura e incontrollabile che alberga in noi e ci allontana da una vita normale. Gli adulti sono come barche immerse nell’acqua solo per metà, oggetti incastrati in posizione inclinata, ormai quasi incapaci di muoversi. I bambini invece sono come cercatori di perle che si tuffano in mare. E la storia va avanti con loro.” Bravissimi i giovani interpreti a partire da Armando Condolucci che interpreta il ruolo di Nic, e Fiorella Campanella nei panni di Marie, cui si aggiungono i giovanissimi Francesco Huang, Chiara Scolari e Marco D’Orazi. Accanto a questi giovani talenti Alessia Barela e Antonio Meroni nel ruolo dei genitori di Nic.
La frase:
- "Per gli etruschi la vita era felicità"
- "Non sarò mai un’etrusca".
a cura di Federica Di Bartolo
Scrivi la tua recensione!
|