Fuck you, prof!
Ricordate “Da ladro a poliziotto” (1999) di Les Mayfield, nel quale Martin Lawrence vestiva i panni di un ladro di gioielli che, uscito di prigione, cercava di recuperare la refurtiva che aveva nascosto in un palazzo in costruzione prima del suo arresto?
Il tedesco Bora Dagtekin deve aver pensato bene di emularne il plot miscelandolo con quello che fu alla base dello schwarzeneggeriano “Un poliziotto alle elementari” (1990) di Ivan Reitman, considerando che il suo secondo lungometraggio da regista si concentra sulla figura dell’ex galeotto Zeki Müller alias Elyas M'Barek, talmente deciso a riappropriarsi dei soldi da lui rubati e nascosti da un amico nel cantiere poi divenuto una palestra scolastica da arrivare a fingersi insegnante nell’istituto superiore in questione.
Ritrovandosi, di conseguenza, a scavare di nascosto, nottetempo, alla ricerca del suo bottino e a lavorare di giorno, invece, come supplente; precisando che non vuole secchioni in aula altrimenti abbassa la media a tutti gli alunni e facendo soltanto visionare loro film in dvd, anziché istruirli.
Fino al momento in cui, vittima di atroci scherzi a base di colla, piume di gallina e disgustosi liquami assortiti orchestrati dagli irrequieti studenti di una delle peggiori classi della scuola, non esita a cercare di rimetterli in riga ricorrendo ai suoi drastici e stravaganti metodi.
Man mano che fa conoscenza con la onesta e timida professoressa Lisi Schnabelstedt, cui concede anima e corpo la Karoline Herfurth di “Ragazze pom pom al top” (2001) e “Ghosthunters – Gli acchiappafantasmi” (2015), e che non risultano assenti ragazzini incastrati in distributori automatici di snack e bibite, scazzottate con scolari molto poco simpatici e gite a scopo didattico (almeno così le definisce l’improvvisato docente) presso eroinomani e genitori di prostitute.
Senza contare una particolare rivisitazione teatrale di “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare ed un imprevisto con ormoni per animali; mentre ad accompagnare il tutto provvede una non disprezzabile colonna sonora alternata tra ritmi sessanteggianti ed evidenti scimmiottamenti di successi internazionali del calibro di “MMMBop” degli Hanson e “Chelsea Dagger” dei Fratellis.
Al servizio di una sceneggiatura non priva di inevitabile risvolto sentimentale e fondamentalmente strutturata sulla sequela di siparietti e situazioni, pur mirando in maniera chiara a delineare attraverso la commedia un tipico percorso verso la redenzione e l’indispensabile cambiamento personale.
Siparietti e situazioni che, senza alcun dubbio, riescono nell’impresa di strappare qualche risata e di regalare spensierati momenti di leggerezza se visionati distrattamente, ignorando l’evoluzione del racconto; ma che, allo stesso tempo, non possono fare a meno di rivelarsi ripetitivi e stancanti con l’avanzare dei fotogrammi, in quanto sfruttati al fine di riempire uno spettacolo da grande schermo che non manca di apparire tirato un po’ troppo per le lunghe (si sfiora l’ora e cinquanta totale).
La frase:
"Non ho bei ricordi dei miei anni di scuola".
a cura di Francesco Lomuscio
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