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Autore Non è un Paese per Vecchi dei Coen
vietcong

Reg.: 13 Ott 2003
Messaggi: 4111
Da: roma (RM)
Inviato: 19-03-2008 16:36  

mi e' parso un film molto bello.

Ho trovato (fra le altre cose e soprattutto) una capacita' di lavorare sull'immaginario allo stesso tempo smaliziatissima (davvero come non mai) e disarmante.
Da un lato ogni figura e topos (di personaggi luoghi situazioni) e' intessuta di una consapevolezza assoluta del gia' visto, dall'altro c'e' una struttura narrativa cosi' perfetta nell'essere sbilenca e nel non far mai quadrare nessun conto, cosi' aperta al grottesco (e' pur sempre un film comico) da far tracimare il gia' visto in qualcosa di assolutamente inedito e persino inaudito.

Siamo lontanissimi secondo me dalla dimensione della stereotipia, davvero qui c'e' un lavoro talmente sottile in tal senso che rischia di essere frainteso.

Naturalmente l'immaginario/repertorio di riferimento in questa operazione, da dover tenere sempre a mente come una bussola, e' proprio l'opera dei Coen, di cui No country for old men rappresenta per certi versi una sublimazione. Anche se questa necessita' di rapportarsi a una "coenicita'" e' anche un limite del film.

Per il resto devo ammettere che devo ancora assimilare il film di cui restituisco solo riflessioni epidermiche. Mi auguro di capirne qualcosa di piu', pur nella continua indifferenza/insofferenza per qualsiasi dimensione di "messaggio" assolutamente sopravvalutata e fuorviante in un'opera in cui conta l'atmosfera e il "come".

Del resto l'ho trovato un film anche molto strano, decisamente complesso, anche se noto che qui tutti hanno gia' capito tutto e nessuno ha l'umilta' di fare un passo indietro, seppellendo l'opera dietro nozioni accademiche o dietro le retoriche uguali e contrapposte del capolavoro e della bufala, del film vate che dice tutto, o non dice niente di nuovo, o che dovrebbe starsi zitto e invece non lo fa.

..forse piu' che morte del cinema in questo topic intravedo la morte della critica (e mi ci metto in mezzo)

_________________
L'uomo è ciò che mangia, al netto delle feci.

[ Questo messaggio è stato modificato da: vietcong il 19-03-2008 alle 16:51 ]

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Valparaiso

Reg.: 21 Lug 2007
Messaggi: 4447
Da: Napoli (es)
Inviato: 19-03-2008 16:37  
quote:
In data 2008-03-19 16:05, Fakuser scrive:
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In data 2008-03-19 15:19, Valparaiso scrive:
leggiucchiando le prime pagine del topic sono rimasto colpito da un fraintendimento in cui sono caduti in molti, che hanno visto nel film un'opera che fa del moralismo su "i tempi che corrono". Mi sento di affermare con una certa sicurezza che questo nel film non c'è, e sarebbe in contraddizione palese con l'intero corpo dell'opera dei fratelli. Infatti l'unica o quasi sequenza esplicitamente comica del film, è quella in cui lo sceriffo e un'altro personaggio anziano, all'interno di un diner, discutono della terribile vicenda di cui sono stati testimoni, e iniziano a metterla in relazione col fatto che i ragazzi portano i capelli verdi e il piercing, o che non si dice più grazie e buongiorno.
La scena dimostra proprio che il decadimento dei costumi, per i Coen, è una delle tante precarie spiegazioni che gli uomini possono tentare di dare di fronte al Male, ma ai loro occhi può al massimo suscirtare ilarità, e un po' di compassione di fronte all'impossibilità da parte dell'uomo di trovare una spiegazione e una via d'uscita vera.
Mi pre chiarissimo che il Male di cui parla il film esiste anche da prima che ci fosse l'uomo.
Ci sono degli aspetti anche di critica sociale all'interno del film, come il fatto che chi fa commercio di droga stia in un altro grattacielo da multinazionale, oppure la facilità che hanno gli americani, a differenza dei messicani, ad attraversare il confine, ma non credo che il tutto possa ridursi alla banalità di un "che tempi, signora mia...". Questo credo che anche AlZayd possa ammetterlo...



Lo dico l'ultima volta lo giuro e poi aspetto di vedere il film... ma rimane il fatto, valpa, che tutto ciò che dici viene (splendidamente ) narrato già nel romanzo, compreso l'uomo del grattacielo di cui a malapena viene rivelato il nome e che perciò rimane in un aura ambigua.... Quindi dove starebbe in ciò la straordinarietà dei Coen ? Io davvero mi auguro di trovarla, perchè altrimenti molti di voi hanno solo sprecato tempo a scrivere sbagliando oggetto...



No, ma vedrai che la realizzazione è notevole anche dal punto di vista cinematografico, anche se su questo non siamo tutti d'accordo. Comunque pare che si siano attenuti al romanzo in maniera molto fedele.

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Fakuser

Reg.: 04 Feb 2005
Messaggi: 2656
Da: Milano (MI)
Inviato: 19-03-2008 17:04  
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In data 2008-03-19 16:37, Valparaiso scrive:
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In data 2008-03-19 16:05, Fakuser scrive:
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In data 2008-03-19 15:19, Valparaiso scrive:
leggiucchiando le prime pagine del topic sono rimasto colpito da un fraintendimento in cui sono caduti in molti, che hanno visto nel film un'opera che fa del moralismo su "i tempi che corrono". Mi sento di affermare con una certa sicurezza che questo nel film non c'è, e sarebbe in contraddizione palese con l'intero corpo dell'opera dei fratelli. Infatti l'unica o quasi sequenza esplicitamente comica del film, è quella in cui lo sceriffo e un'altro personaggio anziano, all'interno di un diner, discutono della terribile vicenda di cui sono stati testimoni, e iniziano a metterla in relazione col fatto che i ragazzi portano i capelli verdi e il piercing, o che non si dice più grazie e buongiorno.
La scena dimostra proprio che il decadimento dei costumi, per i Coen, è una delle tante precarie spiegazioni che gli uomini possono tentare di dare di fronte al Male, ma ai loro occhi può al massimo suscirtare ilarità, e un po' di compassione di fronte all'impossibilità da parte dell'uomo di trovare una spiegazione e una via d'uscita vera.
Mi pre chiarissimo che il Male di cui parla il film esiste anche da prima che ci fosse l'uomo.
Ci sono degli aspetti anche di critica sociale all'interno del film, come il fatto che chi fa commercio di droga stia in un altro grattacielo da multinazionale, oppure la facilità che hanno gli americani, a differenza dei messicani, ad attraversare il confine, ma non credo che il tutto possa ridursi alla banalità di un "che tempi, signora mia...". Questo credo che anche AlZayd possa ammetterlo...



Lo dico l'ultima volta lo giuro e poi aspetto di vedere il film... ma rimane il fatto, valpa, che tutto ciò che dici viene (splendidamente ) narrato già nel romanzo, compreso l'uomo del grattacielo di cui a malapena viene rivelato il nome e che perciò rimane in un aura ambigua.... Quindi dove starebbe in ciò la straordinarietà dei Coen ? Io davvero mi auguro di trovarla, perchè altrimenti molti di voi hanno solo sprecato tempo a scrivere sbagliando oggetto...



No, ma vedrai che la realizzazione è notevole anche dal punto di vista cinematografico, anche se su questo non siamo tutti d'accordo. Comunque pare che si siano attenuti al romanzo in maniera molto fedele.

eh appunto....

Cmq promessa solenne,tutti questi post infuocati mi hanno arrapato non poco, staserà mi marchierò con lo stemma di NO COUNTRY FOR OLD MEN.... non posso permettere che una discussione di tale portata (invero rara ormai ) finisca col raffreddarsi.....

E poi sarà un godimento in ogni caso.....
_________________
Silencio...

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vietcong

Reg.: 13 Ott 2003
Messaggi: 4111
Da: roma (RM)
Inviato: 19-03-2008 17:13  


i discorsi di Tristam poi sono sempre molto interessanti, e li accolgo sempre col dovuto rispetto/timore/sospetto.
In particolare questo sprezzo del film in favore del cinema, per quanto sano da un certo punto di vista, mi sembra un po' pericoloso da maneggiare (non fatelo a casa!) e un po' sacerdotale. Chi e' che preferisce rapportarsi con l'idea e il principio piuttosto che con l'individuo, con l'umanita' piuttosto che con il singolo essere umano, se non il prete? Uno strano dogmatico modo d'amare
Con tutto il mio amore per il Cinema (che probabilmente intendero' in maniera differente dalla tua) alla fine sono pur sempre un bifolco spettatore della strada, che incontra film come incontrerebbe persone, che desidera consumare film, di cui si innamora o da cui viene deluso. Il mio referente rimane sempre il film (che esiste per me, non per il cinema)

_________________
La realtà è necessaria a rendere i sogni più sopportabili

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Fakuser

Reg.: 04 Feb 2005
Messaggi: 2656
Da: Milano (MI)
Inviato: 19-03-2008 17:18  
quote:
In data 2008-03-19 17:13, vietcong scrive:


i discorsi di Tristam poi sono sempre molto interessanti, e li accolgo sempre col dovuto rispetto/timore/sospetto.
In particolare questo sprezzo del film in favore del cinema, per quanto sano da un certo punto di vista, mi sembra un po' pericoloso da maneggiare (non fatelo a casa!) e un po' sacerdotale. Chi e' che preferisce rapportarsi con l'idea e il principio piuttosto che con l'individuo, con l'umanita' piuttosto che con il singolo essere umano, se non il prete? Uno strano dogmatico modo d'amare
Con tutto il mio amore per il Cinema (che probabilmente intendero' in maniera differente dalla tua) alla fine sono pur sempre un bifolco spettatore della strada, che incontra film come incontrerebbe persone, che desidera consumare film, di cui si innamora o da cui viene deluso. Il mio referente rimane sempre il film (che esiste per me, non per il cinema)



Sacrosanto.

E in più,il Cinema è i film. sarebbe come un padre che (rin)nega il figlio.
_________________
Silencio...

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fireballki

Reg.: 24 Gen 2008
Messaggi: 16
Da: firenze (FI)
Inviato: 19-03-2008 17:49  
Forse per andare a cercare un po’ il pelo nell’uovo mi riaggancerei all’accenno che faceva Paolo sui momenti di riflessione (ho avuto la sua stessa impressione nei giorni successivi alla visione del film). Se è vero che tutto è perfetto, forse veramente i momenti di riflessione mi sono sembrati molto (toppo?) “studiati”, “pensati” quasi più orientati più ad un effetto estetizzante che ad affondare (anche solo con singoli affondi, squarci…) nel senso (o non-senso) profondo di quel dolore e quella assenza di speranza che è metaforicamente rivolta ad un intero paese. Ecco se dovessi muovere una critica (tanto per dare un contributo che possa essere utile alla discussione) direi che c’è troppa “testa”, troppa pianificazione di ogni minimo dettaglio… Non ho letto il libro ma un mio carissimo amico che lo ha letto e ha visto il film più volte mi ha detto che gli aspetti più riflessivi (soprattutto in alcuni dialoghi, come quello tra Lee-Jones e il vecchio) sono da recuperare nel libro e nel film sono stati lasciati un po’ troppo sottintesi…ma del resto il film è il film e il libro è il libro e questo è quello che hanno voluto i Cohen…

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Hegel77

Reg.: 20 Gen 2008
Messaggi: 298
Da: Roma (RM)
Inviato: 19-03-2008 20:26  
quote:
In data 2008-03-18 21:08, Skizotrois scrive:
quote:
In data 2008-03-18 00:45, Hegel77 scrive:
quote:
In data 2008-03-17 20:11, AlZayd scrive:
quote:
In data 2008-03-17 16:34, oronzocana scrive:
quote:
In data 2008-03-17 16:02, Fakuser scrive:
Io ce l'ho qua pronto, ma rilutto a buttarmici.... e dopo la sentenza del Gran Maestro son sempre più convinto di aver avuto ragione sin dal principio (vedi pagine precedenti.... )




questo intervento di pura piaggeria è patetico.




Lasciamo perdere le piaggerie che ci sarebbe sennò da spofondarci dentro le numerose voragini... e comunque, mi rivolgo anche al caro zio Tom, io non guro nè massoneggio (grazie cmq a Fakuser),
esprimo solo il mio modesto parere su un film assolutamente non male ma che non es para tanto... Strada facendo magari possiamo valutare meglio, insieme.
Il problema è che il cinema mainstream americano, a corto di idee, remakeggia ad oltranza, o si rifà spesso a modelli folofofico-stilistici più volte visti, o ricorre a piene mani alla letteratura, spesso con risultati di gran lunga inferiori ai romanzi (che sta bene, anzi occorre "tradire"), ovvero finisce per influenzare la parte più autoriale, o indipendende, della grande onda, e non viceversa come sarebbe invece auspicabile.



Ma se le motivazioni riguardano il cinema mainstream o il fatto del remake credo che si stia prendendo un grandissimo granchio interpretativo.
Al di là di ogni pregiudizio sul cinema americano, questo film deve essere inserito nella filmografia dei Coen come punto d'arrivo del loro cinema post moderno.
Non è un paese per vecchi chiude definitivamente ogni possibilità di esistenza di un cinema post moderno, ne decreta il funerale. E con questo trionfo della morte (del cinema) si stabilisce anche il declino definitivo e irreversibile dell'impero americano.
Il discorso inizato da Il Mucchio Selvaggio termina sulla inesorabilità del male e sul sunset boulevard delle vecchie generazioni.
Questo film ha il coraggio di sbatterci in faccia la totale imprevedibilità del Male e anche la sua casualità, ci costringe a mettere da parte sogni e illusioni e fare i conti con il signore nero che si gioca la nostra vita a testa o croce. Questo film ha la originalità di evitare qualsiasi soluzione morale (come la redenzione nelle Tre Sepolture) e ci lascia l'amarezza di vite vuote e senza senso




Non capisco molto questo discorso.
Cosa significa?
Vuole intendere che con questo film i Coen dimostrano l'impossibilità di raccontare una storia?
Vuole suggerire un discorso sulla impossibilità della visione e quindi della impossibilità di "produrre senso" con la mdp?
Vuole insinuare che la summa del cinema post moderno è la totale e pedissequa attuazione di una sceneggiatura "tout court"?
Perchè se è cosi questo discorso è molto più vicino alla negazione del concetto di Cinema espressa da Tristam.

La mia sensazione è che ci si lasci contaminare da etichette e definizioni accademiche e si perda di vista il senso stesso della messa in scena.

Avevo letto il libro tanto tempo fa e mi aveva regalato dei momenti intensi.
Rivedendo il film sono rimasto sorpreso dalla lucida e maniacale detrminazione dei fratelli Coen di parlare per sottrazione, assassinando la messa in scena e spiazzando continuamente lo spettatore.

Credo che questo film sia molto provocatorio soprattutto per quello che non mostra, non per quello che racconta.

La sensazione è che i due fratelli abbiano voluto completare il cerchio iniziato da Blood Simple girandone una copia in negativo.

Se vogliamo assimilare la figura di Bardem alla nera figura della morte, beh allora con questo film i Coen non hanno assassinato il Cinema, ma semplicemente il LORO Cinema




Però adesso questa accusa al sottoscritto di accademismo e menate varie mi sta un pò irritando.
Sto esprimendo delle opinioni e ho già sottolineato la mia visione critica rispetto formalismi e sacri testi.
State cercando di demolire il film colpendolo nei suoi punti di forza.
Questo è Cinema, sicuramente difficile, assolutamente non alla portata di tutti, ma dissento totalmente da tristam che tende al giudizio perentorio e insindacabile, come fosse il Vate della Geografia della Messa (in scena).
Basterebbe la scena della carneficina nel deserto e la scoperta dell'ultimo uomo all'ombra di un albero per affermare che la messa in scena dei Coen produce senso.
Per non parlare della scelta di non mostrare scene che abitualmente vengono spiattellate e riprese da 16 angolazioni. Si può produrre senso anche per sottrazione.
Premesso questo, trovo il discorso di Schizo molto ambiguo e cerchiobottista, tanto che non si capisce se ha gradito il film o gli sembra una chiavica.
_________________
Dare un senso alla vita può condurre a follie,
ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio

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Marco82

Reg.: 02 Nov 2003
Messaggi: 924
Da: Lodi (LO)
Inviato: 19-03-2008 23:49  
quote:
In data 2008-03-19 20:26, Hegel77 scrive:
Basterebbe la scena della carneficina nel deserto e la scoperta dell'ultimo uomo all'ombra di un albero per affermare che la messa in scena dei Coen produce senso.


però tristam, al di là del fatto che voi possiate essere d'accordo o no con quello che dice, ha preso una sequenza del film, l'ha analizzata "alla moviola" e poi ha commentato quanto ne ha raccolto.
tu hegel, per esempio, dici che la scoperta dell'ultimo uomo sotto l'albero è notevole, ti va di fare la stessa cosa che ha fatto tristam? insomma di argomentare un po' il perchè ti è sembrata bella?
altrimenti ci troviamo una serie di topic uno dopo l'altro dove la gente dice solo "beh ma basta che ti guardi quella scena che..." senza però approfondire nulla...
_________________
"1..2..3..4..5..e 6...sei...numero perfetto..."
"ma non era 3, il numero perfetto?"
"sì, ma io ho sei colpi quì dentro..."

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 20-03-2008 00:14  
quote:
In data 2008-03-19 15:19, Valparaiso scrive:
Ci sono degli aspetti anche di critica sociale all'interno del film, come il fatto che chi fa commercio di droga stia in un altro grattacielo da multinazionale, oppure la facilità che hanno gli americani, a differenza dei messicani, ad attraversare il confine, ma non credo che il tutto possa ridursi alla banalità di un "che tempi, signora mia...". Questo credo che anche AlZayd possa ammetterlo...



Assolutamente d'accordo, però resta il fatto, per me, che tutto questo si ferma allo strato superficiale, oltre che la critica sociale in questo film non rappresenta affatto una novità. Avrei gradito uno stile innovativo che riproponesse le eterne tematiche.
Siamo invece con un film sostanzialmente di genere che fa ampio ricorso al testo, ad un apparato formale di lusso inferiore tuttavia al "pensiero" preso in prestito e demandato alla laetteratura.

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 20-03-2008 00:22  
quote:
In data 2008-03-19 15:19, Valparaiso scrive:
leggiucchiando le prime pagine del topic sono rimasto colpito da un fraintendimento in cui sono caduti in molti, che hanno visto nel film un'opera che fa del moralismo su "i tempi che corrono".



Anche su questo concordo, infatti io non ho mai parlato di moralismo bensì di apetti morali troppo espliciti e chiusi.

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 20-03-2008 00:46  
quote:
In data 2008-03-19 16:36, vietcong scrive:


Ho trovato (fra le altre cose e soprattutto) una capacita' di lavorare sull'immaginario allo stesso tempo smaliziatissima (davvero come non mai) e disarmante.
Da un lato ogni figura e topos (di personaggi luoghi situazioni) e' intessuta di una consapevolezza assoluta del gia' visto, dall'altro c'e' una struttura narrativa cosi' perfetta nell'essere sbilenca e nel non far mai quadrare nessun conto, cosi' aperta al grottesco (e' pur sempre un film comico) da far tracimare il gia' visto in qualcosa di assolutamente inedito e persino inaudito. Siamo lontanissimi secondo me dalla dimensione della stereotipia, davvero qui c'e' un lavoro talmente sottile in tal senso che rischia di essere frainteso.




Però da questo se ne può ricavare anche un'impressione contraria, ovvero di irrisolutezza, di scarsa coesione narrativa, dove, non per mancanza di modestia, o di umiltà, credo di aver compreso tutto quanto c'è da comprendere di questo film. In termini di plot (tutt'altro che difficile), che sarebbe il meno, ma soprattutto sul piano del linguaggio e dei significati. Ho già detto perchè, cosa mi poorta a pensare questo, da semplice spettatore, magari da assiduo frequentatore di antica data di cinema, e di film.., forse troppo smaliziato, sicuramente innamorato, distante, come dici tu (preciso, anche se non ti riferivi a me): dal: "seppellendo l'opera dietro nozioni accademiche o dietro le retoriche uguali e contrapposte del capolavoro e della bufala, del film vate che dice tutto, o non dice niente di nuovo, o che dovrebbe starsi zitto e invece non lo fa."

Che l'arte copi sempre se stessa è risaputo e sta più che bene, purchè non si renda merito all'increato dove l'increato non esiste.


quote:
[i]..forse piu' che morte del cinema in questo topic intravedo la morte della critica (e mi ci metto in mezzo)



Ne sono convinto anch'io.

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Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 20-03-2008 12:11  
quote:
In data 2008-03-19 13:57, AlZayd scrive:
Il cinema non è un "vangelo", non è un saggio, un testo educativo-pedagogico, divulgativo di messaggi, morali e ideologie esplicite e pre-definite, imposte, dove, quantunque nel film dei Coen vi sia azione filmica (e ci mancherebbe che non vi fosse.., anche la più scalcinata automobile è dotata di 4 ruote) siamo al già visto-visitato, sia nel girato, sia nelle interpretazioni, nelle tecniche del tutto "normali", nelle caratterizazioni dei personaggi, in particolar modo per quanto riguarda il personaggio di Barden che a me, dal lato caricaturale della questione, ricorda molto quell'esemplare, paradigmatico, davvero inquietante Robert Mitchum (e molti altri) nei panni dell'"uomo nero" in La morte corre sul fiume, la cui figura si staglia nel il "bianco e nero", tra le ombre e le luci della tessitura fugurativa, questa si "metafora" sublime e squisitamente cinematografica di quel "love and hate" che, al contrario di quanto accade nel film dei Coen, prende il testo a... pre-testo per dircelo con il cinema! Niente di nuovo dunque, se non sul piano giustappunto della caricaturizzazione dell'"archetipo".., di tanti archetipi. Quando ripenso a Barden (maschera puramente teatrale, e, come diceva Bunuel negli anni '20: "i posticci sono stati ormai definitivamente relegati nel teatro", mi viene un po' da ridere, anche per via di quell'orrendo "parruccone" - tale sembra - che sa troppo di bau-bau. IL "male" fa più paura quando si mimetizza...
Per meglio dire, a me sta sulle balle che il "messaggio" in questo film debba arrivarmi mediante metafore grossolane e testuali, piccole parabole, significati già masticati, come il mezzuccio letterario dei due bambini che si litigano il soldo del demonio corruttore (matafora del potere - cinematografico e in senso lato - che corrompe l'innocenza)scena del prefinale che si riaggancia in maniera pressochè speculare, ci tengo a rimarcarlo, alla scena girata sul ponte di confine.

Queste cose, che si esauriscono con quel che con ogni prevedibilità è dato vedere in superfice, è più forte di me, mi provocano reazioni di ammosciamento.
Nel cinema, e nell'arte, cerco la "sorpresa", quel qualcosa che - come nei sogni... e aproposito nel film dei Coen manca totalmente la "questione" onirica, che è ben altro che raccontare un sogno... -ti lascia tra sole ed ombra, fuoco e gelo.

Questo film è stata una doccia tiepida, piacevole ma niente di più.



La questione onirica è giustappunto accennata perché il film dei Coen si dilata in tal maniera sulla graticola ardente di tematiche affrontate, che non ha la minima presunzione di volerle trattare in prima persona. Solo da questo punto di vista è letterario: lasciar ampio spazio allo spettatore nell'intrpretarlo, nel continuarlo, nell'insinuarsi fra inquadratura ed inquadratura (come fra riga e riga) per completarne, tramite la percezione, il senso compiuto. E' un film giocato più che mai sulla valenza del "senso sospeso", e che nel valore univoco dell'immagine - una sola, come essa si presenta - riesce a trovare più significati. Cioè....tu parli di "sogno" - con evidente riferimento a Bunuel, conoscendoti - ma precisiamo, una volta per tutte, che un'opera che non percorre più strade in una volta non necessiamente è didascalica. Sta a noi trovare i significati nella graniticità e nella compattezza di immagini che non si sdoppiano.
Non è un Paese per vecchi è innovativo perché rinuncia ad un approdo, rinuncia a navigare, nel film e di farlo verso una meta prestabilita.
Vigo e molto Cinema francese non potevano prescindere dall'acqua per sottolineare i legami fra gli elementi filmici. I Coen sospendono il senso della loro opera, ogni immagine stenta a trovare un legame ed una fludità con la seguente ed il risultato è, comunque, un film armonico, sul cui senso ancora adesso ci interroghiamo. L'immediatezza, il suo essere così "secco", lo differenziano dal'onirismo allucinato - ma anche molto "liquido" - di Lynch. Ma riescono a farne un film dal senso altrettanto sospeso, captabile, modificabile.
Un film seminale in tutto e per tutto, dove ciò che si vede non è che l'inizio, l'origine di un percorso argomentativo che si avrà solo nella nostra mente. Ed infatti il film dei Coen sta continuando per dodici pagine, senza ancora essere venuti a capo di nulla.
Se non è cinema questo....
_________________
E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti.

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Tristam
ex "mattia"

Reg.: 15 Apr 2002
Messaggi: 10671
Da: genova (GE)
Inviato: 20-03-2008 13:57  
quote:
In data 2008-03-20 12:11, Richmondo scrive:
Se non è cinema questo....



non è cinema questo.
è un film questo. ma senza cinema

_________________
"C'è una sola cosa che prendo sul serio qui, e cioè l'impegno che ho dato a xxxxxxxx e a cercare di farlo nel miglior modo possibile"

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Tristam
ex "mattia"

Reg.: 15 Apr 2002
Messaggi: 10671
Da: genova (GE)
Inviato: 20-03-2008 14:16  
non è difficile capire quello che intendo.
questo film dei coen, nel quale si scovano molti elementi che compongono con precisione e saggezza la narrazione filmica (e saggezza... i Coen infatti non sono solotanto saggi, ma estremamente abili come narratori) e che contribuiscono all'immaginario filmico in maniera estremamente forte (a livello psicologico, attoriale, paesaggistico, intimistico etc etc all'infinito), è un film che vince unicamente perchè a spingere dietro la soglia del cinema c'è un testo intenso e immenso e se non immenso, grande.
Un testo che non funziona da solo di per sè, unicamente perchè cormac mccarthy ha saputo condensare in quelle pagine quello che è stato condensato, ma perchè il suo adattamento filmico è stato pressochè impeccabile.
Come impeccabili sono state altre scelte importanti che costruiscono il tessuto del film.
Ok.
I Coen sanno usare la materia del film per raccontare un libro.
Bravi.
Nessuno dice il contrario.
Se avessero dovuto mettere in immagini la sceneggiatura di Mean Girls (che è un film molto più bello di questo) i vostri sentimenti nei confronti del film sarebbero cambiati in maniera decisiva. Tutte quelle tematiche attoriali, psicologiche, paesaggistiche e culturali che sottendono il testo dei Coen e si esplicitano in immagini nel film dei Coen improvvisamente si perderebbero. E si perderebbero tutti i vostri elogi.
Il punto fondamentale è che adattare il proprio stile al testo in modo tale da poter esaltare attraverso il ridotto coinvolgimento cinematografico una storia (che spinge al di là dei limiti della sceneggiatura per invadere di suo tutta la materia del cinema) fino a far credere ai Coen che fosse giusto quasi cancellarsi per operare soltanto "da lontano", quasi non intaccando nessuno degli elementi che compongono il film, è un esempio estremamente chiaro di come non ci sia nessuna intenzione (o capacità) di fare cinema, bensì, piuttosto, invece di rappresentare con la macchina da presa alcuni elementi filmico-psicologici-narrativi (perfettamente studiati, pensati e calibrati) per costruire un grande e scintillante scatolone senza contenuti cinematografici.
Guardiamo un bel film, perchè ne siamo affascinati, perchè la narrazione è bella, perchè il tempo si dilata (olè w gli anni 60!), perchè Bardem uuuuuuuh allunga la sua ombra su tutto il film, mi entra in testa, mi sconvolge, incarna, ha i capelli a caschetto etc etc, ma i Coen non fanno altro che mettere in scena una storia attraverso una serie quasi infinita di campi e controcampi immobili.
Utilizzano tematiche filmiche in tutto e per tutto in maniera estremamente abile. All'interno di questi contorni, importanti, ma non fondamentali, non c'è cinema.
Non ci sono contenuti se non nelle componenti tecniche del film.

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"C'è una sola cosa che prendo sul serio qui, e cioè l'impegno che ho dato a xxxxxxxx e a cercare di farlo nel miglior modo possibile"


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kagemusha

Reg.: 17 Nov 2005
Messaggi: 1135
Da: roma (RM)
Inviato: 20-03-2008 14:24  
scusa tristam dici che non è difficile capirti ma a me non sembra neanche così facile
volendo semplificare cosa avrebbero dovuto fare i Coen per fare cinema e non solo tecnica cinematografica applicata al racconto letterario?

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