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Entourage











Il lanciatissimo Vince Chase (Adrian Grenier) è ancora a Hollywood e fa ancora l'attore, circondato dal gruppetto di sempre, formato dal fratellastro Drama (Kevin Dillon), il fedele amico Eric (Kevin Connolly) e l'autista Turtle.
Anche il suo manager Ari Gold (Jeremy Piven) ha fatto carriera ed è salito a capo di un'importante casa di produzione cinematografica e accetta, sulle prime un po' riluttante, di assecondare le ambizioni di Vince stanziando un grosso budget per il suo improbabile esordio dietro la macchina da presa.
A ben quattro anni dall'ottava e ultima stagione dell'omonima serie TV, Entourage tenta il grande salto dal piccolo al grande schermo e il prezzo che paga è più o meno lo stesso già pagato dalle altre serie (Sex and the City, X-Files) che, in passato, si sono confrontate con il mezzo cinematografico.
Il rischio maggiore in questi casi resta quello di un'autoreferenzialità costruita attraverso anni di fidelizzazione televisiva che, almeno in teoria, diventa fine a se stessa una volta nel buio della sala e relega spesso questi film a un bacino d'utenza composto dai soli fan delle serie di origine.
Entourage non sfugge a questo rischio, anzi, sembra quasi andargli incontro con la stessa fiera incoscienza dei suoi protagonisti, nonostante uno script scritto dallo stesso Doug Ellin (deus ex machina della serie TV) anche abile nel concentrare, in meno di due ore, tutti i topoi disseminati nell'arco di otto stagioni televisive.
Ampio spazio quindi alla critica verso lo star system hollywoodiano, attraverso la parabola artistica ed esistenziale - vagamente ispirata a quella di Mark Wahlberg, qui come in TV anche produttore - di un giovane attore che, se da un lato sembra aderire a tutti i più beceri stereotipi su fama e ricchezza, dall'altro cerca comunque di contrastarli, rimanendo coi piedi per terra e portando nella sua villa di lusso un pezzo della vita di strada nel Queens.
Il genere di riferimento è la commedia politicamente scorretta, condita con continui riferimenti al sesso e calembour linguistici a base di trivio e doppi sensi, alcuni dei quali irrimediabilmente persi in fase di doppiaggio.
Immaginate, per intenderci, qualcosa a metà strada tra un Seth McFarlane con molti meno sottotesti e Will Ferrell.
Ma il problema di fondo è principalmente un altro e riguarda il fatto che il film parte in quarta su personaggi che si suppone siano già noti al pubblico.
In caso contrario si fatica non poco a entrare in confidenza con loro col risultato che, quando ci si riesce, il film è ormai già entrato nel vivo della storia.
Ellin cerca di bypassare il problema costruendo una linea narrativa il più semplice possibile, ma i continui e, per alcuni versi, inevitabili riferimenti a vicende pregresse rendono, di fatto, Entourage qualcosa di molto più simile a una puntata lunga della serie TV che non a un film con una sua identità ben definita.
Per fortuna c'è Jeremy Pevin - forse il miglior caratterista americano degli ultimi vent'anni - ad incarnare in maniera sublime tutto lo stress e l'arroganza sorniona di una figura idealtipica del cinema a stelle e strisce con questo manager perennemente in bilico tra la bancarotta e l'esaurimento nervoso che, grazie al suo mestiere, riesce a non sfociare mai nella sterile caricatura.
Piven, insieme a Turtle, l'attoruncolo fallito e frustrato interpretato da Kevin Dillon, è anche il motore dei momenti più divertenti di un film che, pur di piacere, se le gioca tutte, compresa una sfilata infinita di star (Jessica Alba, Liam Neeson, Pharrell, Andrew Dice Clay, Armie Hammer, Gary Busey e lo stesso Wahlberg) in minuscoli cammei.
Spiace semmai che un attore del calibro di Billy Bob Thornton venga relegato nel ruolo, davvero troppo piccolo, di un magnate che finanzia il film di Vince più per differenziare le proprie attività che non per un reale interesse nell'industria cinematografica.
In mezzo a tutto questo, il solito montaggio frenetico di cabrio di lusso, donne bellissime, aerei privati e più o meno tutto quello che il successo può comprare.
Ora, ci sta pure che, in un periodo contraddistinto a livello cinematografico da una totale carenza di idee originali che porta la maggior parte delle major ad affidarsi alle garanzie rappresentate dai vecchi franchising (è il caso dei recenti Jurassic World e Terminator Genesys) o alla conversione in live action del repertorio Disney (Maleficent, Cenerentola) si vada a pescare nella TV, unico tratto di mare che negli ultimi vent'anni sia stato capace di dire qualcosa di nuovo.
Resta solo da capire se, idealmente, un progetto come Entourage fosse un semplice omaggio agli amanti della serie o ambisse magari a conquistare nuove fasce di pubblico.
Nel primo caso, infatti, il risultato è anche gradevole, simile alla sensazione di ritrovare alcuni vecchi amici e constatare come non siano cambiati per niente.
I neofiti, invece, possono tranquillamente astenersi.

La frase:
"E' come quando una tipa ti chiede se vuoi farti la sua sorellina sexy. Ovviamente dici di no, ma poi nessuno dei due ci crede per davvero".

a cura di Fabio Giusti

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