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D-Tox
Fortunatamente questa nuova pellicola di Stallone è decisamente migliore dell'ultima, "Driven", anche se sinceramente non ci voleva molto. La "bocca storta" più famosa del grande schermo torna a vestire i panni dell'integerrimo tutore dell'ordine. Jake Malloy è un agente dell'FBI sulle tracce di un pericoloso serial killer che ha preso di mira i poliziotti. La visione distorta del Killer gli fa identificare in Malloy l'origine dei suoi problemi e decide così di perseguitarlo. Dopo aver ucciso un suo ex-collega, per sviarlo, decide di seviziare a morte la sua compagna Mary (Dina Meyer / "Starship Troopers").
La perdita di Mary getta Malloy in un abisso di alcool e disperazione dal quale sembra impossibile uscire, quantomeno da soli. Chuck (Charles Dutton / "La Fortuna di Cookie"), il collega di Malloy, prende allora in mano le redini e decide di ricoverare il suo compagno in un centro specializzato gestito da un ex-poliziotto, John Mitchell (Kris Kristoferson / "Payback"). L'istituto, sperduto sulle montagne del Wyoming, si rivelerà, però, una sorta di trappola. Infatti l'assassino ha seguito Malloy fin lassù ed è deciso a chiudere i conti in sospeso.
La pellicola diretta da Jim Gillespie ("So Cosa Hai Fatto"), è strutturata come il più classico dei gialli di Agatha Christie: "Dieci Piccoli Indiani". Tutti i protagonisti (peraltro proprio dieci), chiusi all'interno di una struttura dalla quale non possono uscire, con il germe del sospetto che si insinua tra loro, sono i tipici ingredienti che possono tenere in apprensione lo spettatore. Anche la scelta di un edificio che di per se evoca atmosfere particolarmente claustrofobiche (peraltro con il vantaggio di essere anche poco costosa) aiuta creare il giusto cocktail. Gillespie fa un buon uso della macchina da presa e del montaggio riuscendo così a mantenere lo spettatore sotto una costante tensione. Certo a volte indulge in scene di cruenza spettacolare, che sembrano ispirate a "Seven", sulle quali avrebbe potuto sorvolare e i dialoghi e la trama non lo aiutano certo a risollevarsi. Il cast non è certo "all-star", ma d'altronde per quello che gli viene richiesto vanno più che bene. L'unico dubbio che mi resta è su Tom Berenger: che senso ha il suo personaggio; vaga per lo schermo senza alcuno scopo tranne quello di frarsi scannare come un capretto. Insulso ed inutile. Se dimentichiamo i banalissimi titoli di testa ed il primo pessimo monologo del maniaco otteniamo una pellicola appena sufficiente per un pubblico non molto smaliziato.
La frase: "Questa faccenda è più grande di te, perciò fatti un favore, non sprecare tempo."
La chicca: quando Malloy torna a casa e trova la cena fredda e Mary arrabbiata, le candele sulla tavola sono praticamente nuove e non mezze consumate come sarebbero dovute essere.
Indicazioni: I buoni thriller sono pochi, nell'attesa potete vedere questo.
Valerio Salvi
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