Il dubbio
Quando l’opera teatrale Il dubbio debuttò nel 2004 nell’off Broadway, forse pochi si immaginavano l’incredibile successo di critica e di pubblico che avrebbe riscosso in pochissimi anni. Approdato a Broadway già nel 2005 Il dubbio è stato al Walter Kerr Theater per 25 anteprime e 525 rappresentazioni. Da lì è diventato un vero e proprio fenomeno, con lunghe tournée negli Usa e con la nascita di produzioni internazionali. Per questa piéce l’autore John Patrick Shanley ha già ottenuto nel 2005 un prestigioso Pulitzer.

Il dubbio è ambientato in un seminario in un momento storico culminante ed emblematico, che per molti versi assomiglia tanto ai nostri giorni. Nel 1964 è passato meno di un anno dall’assassinio di Kennedy e la popolazione è ancora sconvolta da questa epocale perdita dell’innocenza. I movimenti per i diritti civili sono ai primordi, mentre gli echi progressisti del Concilio Vaticano II non si sono ancora spenti. In una scuola cattolica del Bronx si consuma uno scontro feroce di volontà fra sorella Aloysius (Meryl Streep) e padre Flynn (Philip Seymour Hoffman), oscurato dal sospetto più ignobile che possa cadere su un prelato. Sia ben chiaro che Il dubbio non è un film sulla pedofilia e sulle sue conseguenze individuali e sociali, ma sulla ricerca della verità e sulla fatuità di ogni certezza.

Il difficile lavoro di adattamento cinematografico è stato realizzato dallo stesso John Patrick Shanley (che ha firmato anche la regia). Più che altro Shanley ha conferito rotondità e profondità all’austero ambiente parrocchiale, aprendolo tra l’altro al quartiere in cui è inserito. Aspetto predominante è inoltre il tempo atmosferico: il vento, la pioggia, la neve. Non sono elementi accessori perché una lettura attenta rivela che questi intrusi stagionali sottolineano e rivelano il carattere e le motivazioni dei personaggi.

Il punto di maggior valore del Dubbio in ogni caso risiede proprio nel testo, di rara sottigliezza e raffinatezza, orchestrato per turbare e per fare discutere. Di solito un testo forte ha il pregio di potenziare l’interpretazione di attori modesti. Naturalmente, se gli interpreti del teatro sono dei giganti (come in questo caso), la pellicola guadagna un vigore comunicativo inarrestabile. Philip Seymour Hoffman ancora una volta si afferma nei panni scomodi di un personaggio ambiguo ed inquietante su cui è impossibile fissare un giudizio stabile di condanna o di assoluzione.

L’unica accusa che si potrebbe muovere al Dubbio è genetica: di essere un lavoro originariamente teatrale. Non si dimentichi però il potere di diffusione del cinema: grandi interpretazioni fissate per sempre e accessibili a tutti.

La frase: "Perseguitare il male allontana di un passo da Dio, ma sei pur sempre al Suo servizio.".

Mauro Corso

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