Diciottanni - Il mondo ai miei piedi
Memorabile protagonista di "Ti stramo - Ho voglia di un’ultima notte da manuale prima di tre baci sopra il cielo" (2008), scatenata parodia dei teen-movie proto-Moccia diretta a quattro mani da Pino Insegno e Gianluca Sodaro, Marco Rulli veste qui i panni dell’affascinante diciottenne orfano Ludovico, il quale, cresciuto da uno zio viziato e giocatore di poker con le fattezze di G-Max, sembra particolarmente portato per la seduzione, tanto da dividersi sessualmente tra la sua insegnante di lettere e la madre del suo migliore amico, rispettivamente interpretate dalla Alessia Barela di "Velocità massima" (2002) e dalla Rosa Pianeta di "Che bella giornata" (2011).
A sconvolgere la sua vita, tanto da farlo sentire per la prima volta innamorato, è l’arrivo della trentaquattrenne single e disoccupata Giulia, con il volto della Elisabetta Rocchetti de "L’imbalsamatore" (2002) che esordisce dietro la macchina da presa – se escludiamo il cortometraggio "L’ultima seduta" (2006) – proprio con questa storia imperniata sul vuoto di educazione sentimentale, rappresentativo dell’umanità – soprattutto quella più giovane – d’inizio XXI secolo.
Con un’apparizione del grande Luis Molteni nei panni di un professore e la Nina Torresi de "La bellezza del somaro" (2010) inclusa nel cast, una storia di solitudini, di disorientamento amoroso e di rapporti tra generazioni, ma, soprattutto, una vicenda riguardante la maturità.
Quella maturità che, scolasticamente parlando, dovrebbe essere raggiunta una volta compiuti i diciotto anni suggeriti dal titolo stesso, ma della quale i protagonisti del film della Rocchetti non sembrano ancora aver compreso il pieno significato, tutti alle prese con le proprie problematiche e con i conseguenti, discutibili comportamenti.
Nel corso di oltre novanta minuti di visione caratterizzati da una recitazione non sempre convincente (il migliore sembra essere il già citato G-Max) ed in parte penalizzati da un’eccessiva lentezza narrativa, ma che, pur non colpendo in maniera particolare lo spettatore, non risultano disprezzabili, per merito soprattutto di una regia nella media.
Anche se, tenendo in considerazione argomento e personaggi, la maggiore curiosità è quella di sapere se la pellicola, realizzata qualche anno prima, sarebbe finita tra quelle prese di mira nel "Ti stramo" di cui sopra.

La frase: "Io l’amore non so nemmeno cosa sia, posso solo dirti che mi sento solo".

Francesco Lomuscio

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