FilmUP - Recensione: Death Race

Death Race
Gare automobilistiche tra detenuti in un carcere. Situazione improbabile, è vero, ma siamo nel futuro (2012, non troppo lontano), ci sono ragioni di business (con la tv via cavo l’istituto penitenziario vende la diretta e ci guadagna su) e, soprattutto, il tutto ci viene detto da quattro righe di spiegazione all’inizio, senza troppi fronzoli o perdite di tempo. Chi vuole ci crede e si immerge nella storia, gli altri potranno pure obiettare sull’assurdità del tutto, ma ormai ci sarà poco da fare, la storia è quella. Death race è un film di puro intrattenimento che va preso per quello che è: incredibili corse in macchina in cui per vincere si può superare, o uccidere, l’avversario. Lo spargimento di sangue è ben visto, fa salire l’audience.
Ottima confezione, montaggio adrenalinico, belle ragazze (Natalie Martinez ruba letteralmente l’occhio) e una storia che si basa su una delle dinamiche narrative più vista, ma comunque sempre efficace, al cinema: il prigioniero ingiustamente condannato che cerca di evadere e farla pagare a chi l’ha incastrato. Jason Statham è il buon protagonista della vicenda, ormai un solido attore per tutti i film in cui c’è poco da capire, ma solo da mostrare i muscoli.
Remake di Death race 2000, film del 1975 prodotto da Roger Corman (e quindi potete immaginare il budget) con coppia di protagonisti Carradine e Stallone, il film di Paul W. S. Anderson insiste meno, rispetto l’orginale, sulla morbosità della società (di cui la televisione è lo specchio), per costruire un film unicamente d’azione e battute fulminanti. E’ proprio questa capacità di non prendersi troppo sul serio, di non ricercare sempre un perché, ma di andare dritto al sodo, che rende questo prodotto apprezzabile, seppur con tutti i suoi possibili limiti. Un film che dà quello che promette, niente di più, niente di meno.

La frase: "Se non si rischia la vita per la propria libertà, per cos’altro?".

Andrea D'Addio

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