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Creed IILa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Lomuscio14 gennaio 2019Voto: 6.5
Il tempo è imbattibile e, alla fine, sconfigge tutti.
È ciò che era stato possibile apprendere, nel 2015, in “Creed – Nato per combattere”, che, riportando Sylvester Stallone nei panni di Rocky Balboa, pugile che gli ha regalato tanta notorietà da grande schermo tramite sei lungometraggi che lo hanno visto al proprio centro tra la seconda metà degli anni Settanta e l’inizio del XXI secolo, non volle affatto essere un nuovo tassello della serie, bensì uno spin off interessato ad introdurre il personaggio del giovane Adonis Johnson. L’Adonis Johnson che, interpretato da Michael B. Jordan e figlio illegittimo dell’Apollo Creed morto prima della sua nascita in “Rocky IV”, tanto pacchiana quanto divertente trasposizione della Guerra fredda sul ring, torna in questo sequel per trovarsi faccia a faccia proprio con colui che provocò il decesso del padre in un incontro, ovvero il russo Ivan Drago entrato nella memoria degli spettatori grazie alla celeberrima frase “Io ti spiezzo in due”. L’Ivan Drago nuovamente in possesso dei connotati del colosso di origini svedesi Dolph Lundgren e che, perduti rispetto, patria e moglie a causa della sconfitta subita proprio da Balboa, dal profondo dell’Ucraina spinge il figlio Viktor alias Florian “Big Nasty” Munteanu, imbattuto campione dei pesi massimi, a sfidarsi con Adonis, a sua volta desideroso di vendicare la prematura scomparsa del genitore che non poté conoscere. Ma, con il Ryan Coogler regista del precedente capitolo qui relegato al solo ruolo di produttore esecutivo, il nuovo arrivato dietro la macchina da presa Steven Caple Jr. – proveniente dalla tv e dal drammatico “The land” – intende proporre tutt’altro che un film di vendetta, concentrandosi, per lo più, su ciò che è in gioco per i due figli sportivi in questione, legati sia al retaggio dei loro padri che dalla stessa tragedia. Quindi, sebbene, sull’evidente filo della nostalgia, non manchi neppure Brigitte Nielsen che torna brevemente nel ruolo della moglie di Drago, dimenticate le esaltazioni da blockbuster da machismo reaganiano che, in piena atmosfera da American dream, caratterizzarono la pellicola del 1985, in quanto ad essere privilegiati sono i conflitti interiori del protagonista e i suoi rapporti con le persone che gli stanno attorno; dall’amata Bianca, star emergente della musica incarnata da Tessa Thompson, alla madre adottiva Mary Anne Creed, cui presta il volto Phylicia Rashad. Senza contare, ovviamente, il già citato Rocky, che non dimentica di far visita alla tomba della compianta compagna di vita Adriana e che, nelle quasi due ore e dieci di visione, supporta Adonis anche nel rudimentale allenamento nella Death Valley, in California. Quasi due ore e dieci che, come di consueto non prive di buoni sentimenti, rischiano in parte di essere rese narrativamente fiacche da una regia un po’ troppo statica che riesce, però, nell’impresa di rendere il tutto leggermente superiore rispetto al guardabile episodio predecessore. Perché, se in quel caso non avevamo altro che una moderna rivisitazione principalmente indirizzata al pubblico dei giovani, in questa seconda avventura si avverte almeno un pizzico della poesia stalloniana che fu alla base del franchise originale... nella sola attesa del match conclusivo che, in mezzo a ralenti opportunamente utilizzati e i mitici temi musicali della saga tirati in ballo nei momenti giusti, non può fare a meno di rivelarsi avvincente e non poco emozionante. La frase dal film:
“Rocky garantisce che questo match sarà molto diverso dal precedente” I FILM OGGI IN PROGRAMMAZIONE: In evidenza - Dal mondo del Cinema e della Televisione. |
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