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Creed - Nato per combattere











Fattosi notare attraverso il suo dramma d’esordio “Prossima fermata Fruitvale Station” (2013), che gli ha consentito di aggiudicarsi diversi premi in giro per il mondo, il californiano classe 1986 Ryan Coogler pare abbia iniziato a pensare di riprendere la storia iniziata da John G. Avildsen con “Rocky” (1976) già ai tempi in cui uscì dalla scuola di cinematografia, essendo cresciuto guardando insieme al padre la saga del pugile più famoso della Settima arte.
Ma, come il titolo stesso lascia intuire, non ci troviamo dinanzi ad un settimo capitolo volto a proseguire le avventure sul ring già riesplorate da Sylvester Stallone tramite “Rocky Balboa” (2006), bensì di un’operazione interessata ad introdurre il personaggio di Adonis Johnson, figlio di quell’Apollo Creed che, campione del mondo dei pesi massimi interpretato da Carl Weathers nei primi quattro tasselli del franchise, è morto prima della sua nascita.
L’Adonis Johnson cui, dopo un’apertura nella Los Angeles del 1998, concede anima e corpo nella Tijuana del 2015 il Michael B. Jordan già protagonista del sopra citato esordio coogleriano; prima ancora che si decida a partire per Filadelfia, dove si tenne il leggendario incontro tra il defunto genitore e, appunto, il mitico Balboa.
Incontro di cui rivediamo alcuni momenti attraverso un video dall’evidente fine di suscitare nello spettatore un certo effetto di nostalgia; come pure la immancabile statua di Rocky nella città americana e la visita dello stesso presso la tomba della compianta moglie Adriana.
Effetto di nostalgia che, però, rischia qui di apparire più volte forzato, chiaramente privo di quella indispensabile regia stalloniana che guardava in maniera tanto sapiente quanto sincera alla grande celluloide sportiva a stelle e strisce del passato (a cominciare dal super classico “Lassù qualcuno mi ama” di Robert Wise).
Infatti, sebbene il match finale tra l’erede del roccioso Apollo e il “Pretty” Ricky Conlan incarnato dal campione ABA dei pesi massimi Anthony Bellew riesca nell’impresa di regalare qualche emozione grazie anche all’accenno di alcuni temi storici delle colonna sonora, le oltre due ore e dieci di visione – ulteriormente complice la storia sentimentale che Adonis intraprende con la cantante Bianca alias Tessa Thompson – non manifestano altro che i connotati di una moderna rivisitazione principalmente indirizzata al pubblico dei giovani e mirata, inoltre, a ricordare che il tempo è imbattibile e, alla fine, sconfigge tutti.
Moderna rivisitazione il cui più volte avvertibile rischio di caduta nella fiacchezza viene evitato soprattutto per merito della coinvolgente descrizione del rapporto progressivamente instaurato tra il nuovo atleta dai guantoni e uno Sly da premio Oscar che, nel trasformare il suo eroe cinematografico di maggiore successo in un ormai anziano allenatore alle prese con le sempre più dure sfide della vita, finisce per rappresentare il maggiore pregio (e motivo di interesse) di uno spin-off altrimenti guardabile e nulla più.

La frase:
- "Cosa ti spinge a combattere?"
- "Mio padre era pugile".

a cura di Francesco Lomuscio

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