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Come Harry divenne un albero
"Come Harry divenne un albero" è tratto da una fiaba cinese.
Narra la storia di Harry, un contadino dell'Irlanda degli anni '20, dei suoi rapporti con il figlio Gus, e della sua ossessione principale: distruggere George, l'uomo più ricco del paese, che ha scelto, a tavolino, come oggetto del suo odio perché "un uomo si misura dal valore del suo nemico".
È possibile per un regista serbo raccontare sotto i nuvolosi cieli d'Irlanda una favola cinese?
Questo film ne è la prova materiale. Il problema in questo caso non è tanto se l'impresa è realizzabile o meno quanto, semmai, con quali risultati artistici e narrativi.
L'impressione che si ricava da questo film è che, invece di ottenere un valore aggiunto risultante dalla sapiente mescolanza delle doti e delle peculiarità di tre culture così differenti, quel che si prova è un senso di mancanza e di incompiutezza.
Il rigore morale e didascalico dell'edificante storiella cinese sembra annacquarsi nel sanguigno temperamento irlandese che a sua volta si stempera reciprocamente con l'onirica sregolatezza dell'indole slava. Le tipicità delle tre etnie faticano a trovare un felice connubio tra di loro determinando una inconscia acquiescenza che rende l'opera piatta e priva di reali emozioni.
Indubbiamente le prove degli attori, in particolare quella di Colm Meaney ("The Commitments", "The Van") nella parte del protagonista, rendono il film comunque piacevole ed interessante. Il noto attore irlandese rende il suo personaggio con notevole forza drammatica e una durezza dei toni e delle espressioni tanto da rimanere fortemente impresse. Il suo è un personaggio irlandese fino al midollo e la sua bravura sta proprio nel riuscire a non fornirne un'idea macchiettistica ma quasi iperrealista al limite del poetico. L'odio che lo caratterizza è un sentimento a tutto tondo, "puro" e incontaminato perché non nasce da un accadimento, non c'è una causa che lo ha generato. È un'idea platonica che Harry persegue fino alle più estreme conseguenze e che si trasfigura nell'allegoria dell'albero quale simbolo di solidità e di sopravvivenza ultraterrena. George, l'odiato, è interpretato da Adrian Dunbar ("Il mio piede sinistro", "La moglie del soldato"), altra vecchia conoscenza del cinema irlandese, anche lui autore di un'ottima interpretazione.
Goran Paskaljievic, il regista serbo, alla domanda sul perché avesse scelto l'Irlanda come scenario per questo film ha risposto affermando che in quel paese la tragedia si mescola all'humor ed il serio spesso diventa assurdo, quasi grottesco.
Assurdo e grottesco, in effetti, sono due aggettivi che ben si possono accostare a questo film.
Das
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