Codice Homer - A different loyalty
Una spy story a tutto tondo ambientata nel clima della guerra fredda su cui si innesta il dramma romantico di una storia d'amore tormentata e sofferta.
Codice Homer si basa su una storia vera da cui il regista Marek Kanievska (Palma d'Oro a Cannes '84 per Another Country) ha tratto spunto: la misteriosa scomparsa dalla sua casa di Beirut di Leo Cauffield, giornalista inglese, con un passato a capo del controspionaggio dei servizi segreti inglesi.
Siamo nel gennaio del 1963. Alcuni anni prima Leo conosce Sally, donna brillante e intelligente, ed è subito amore a prima vista. I due si sposano e per un po' tutto fila nel migliore dei modi fino a quando un giorno Leo esce di casa e non fa più ritorno... Disperata per l'accaduto Sally non sa darsi pace; nel corso delle ricerche è costretta a scontrarsi con una verità dura da accettare: l'Ambasciata inglese la informa, infatti, che il marito è sospettato di essere passato dalla parte della Russia comunista. Così la donna ricompone i pezzi di un mosaico da cui emerge un'immagine inedita e inaspettata dell'uomo da lei così profondamente amato. Lo ritrova, lo incontra, tenta disperatamente di farlo tornare ma l'ideologia avrà la meglio sugli affetti più profondi.
Pur partendo da una premessa interessante: raccontare la vicenda di una delle più importanti spie del 20º secolo, Codice Homer si rivela un film fiacco che difetta di una sceneggiatura molto debole e pasticciata e di un montaggio che avrebbe richiesto qualche attenzione in più.
Gli elementi principali di una spy story come suspance e thriller restano purtroppo solo nelle intenzioni. I ripetuti rimbalzi da una città all'altra (Beirut, Londra, Stati Uniti, Mosca andata a ritorno e ancora andata) aumentano in maniera esponenziale mano a mano che la vicenda segue il suo corso ma in questo girovagare per il mondo la noia è sempre dietro l'angolo pronta a colpire; alcuni dialoghi (soprattutto a carattere politico-ideologico) scadono nella banalità e nell'eccesso di "ismo": capitalismo, marxismo, comunismo.
Rupert Everett perfetto nel suo aplomb tutto British sembra poco convinto del ruolo di spia dalla fede incrollabile nell'ideologia e nel comunismo: non gli giova l'espressione contrita e afflitta stampata sul viso dall'inizio alla fine.
Sembra crederci e, di conseguenza, impegnarsi di più la bella Sharon Stone, qui insolitamente bruna; la vicenda, infatti, è raccontata dalla prospettiva femminile e la Stone a onor del merito non si risparmia.
Peccato che da una storia potenzialmente intrigante che si avvale di un cast di tutto rispetto il risultato sia una buona occasione sprecata.

Cristina Giovannini

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