FilmUP - Recensione: Che ora è laggiù?

Che ora è laggiù?

Dopo un'introduzione di Enrico Grezzi, abbastanza sintetica e non molto chiara, appare sullo schermo l'immagine di un uomo anziano che fuma.
L'inquadratura resta ferma sull'uomo e su una pentola verde con coperchio di alluminio per buoni dieci minuti.
Sarà che la cultura di Taiwain è molto diversa dalla nostra, sarà che guardare un film di 116' seduti a terra (la sala era stracolma di gente) non è proprio il modo migliore per goderselo, ma io non facevo altro che chiedermi "Che ora è?".
Il film, di una noia inimmaginabile, narra la storia di un ragazzo, che si guadagna da vivere vendendo orologi per le strade di Taipei. Dopo la morte del padre (l'uomo di prima che fumava) incontra una ragazza che però deve partire per Parigi. Questo incontro sarà l'unico conforto, in un così brutto periodo, tanto che egli inizierà a fissare l'ora di tutti gli orologi di Taipei, secondo quella della capitale francese. Ma non finisce qui, per rendere ancora più allegra la vicenda, a casa ad aspettarlo c'è la madre, che non riesce ad accettare la morte del marito, quindi non fa altro che pregare per mettersi in contatto con la sua anima, raggiungendo dei livelli molto prossimi all'esaurimento (suo, del figlio e del pubblico).
Altro protagonista indimenticabile un enorme pesce bianco che quasi non riesce a nuotare in un acquario piccolissimo: il regista si prodiga nel riprenderlo da tutte le angolature, la madre del ragazzo crede che sia la reincarnazione del marito, quindi sta delle ore a guardarlo e a parlargli. Il film è in lingua originale, sottotitolato in italiano, ma la cosa è ininfluente, in quanto i dialoghi non esistono quasi.
Tutto quel silenzio è esasperante, non ci sono musiche a sottolineare passaggi, non ci sono particolari inquadrature, non c'è una storia interessante da seguire.
A volte anche gli stessi protagonisti sembrano annoiati.
Sinceramente, a parte gli amanti di questo genere di storie, (esistono?!?) non so a chi possa interessare.

Teresa Lavanga

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